21.6.10

Italia - nuova Zelanda: un pari che ci dà poco

E adesso si rischia. Nel «gironcino» l’Italia colleziona un altro pareggio (il secondo di fila per 1 a 1) e finisce in una buca dalla quale sarà dura tirarsi fuori. Troppo brutta per essere vera la squadra bloccata dalla Nuova Zelanda e ora (quasi) obbligata a vincere contro la Slovacchia per non dire addio al Mondiale.

IN CAMPO COL 4-4-2 - C’è una sola novità (per giunta annunciata) nell’undici proposto da Lippi rispetto alla gara d’esordio con il Paraguay: in porta, al posto del malandato Buffon, spazio a Marchetti. È l'idea tattica che è cambiata. Mollato il 4-2-3-1, si punta sul 4-4-2. Iaquinta fa compagnia a Gilardino. Marchisio lascia la trequarti (dove non ha mai brillato) per traslocare sulla fascia sinistra di centrocampo. Moduli diversi, stesso risultato: qualche sprazzo, tanta confusione e buchi in difesa.

AVVIO CHOC – La riprova si ha subito. Al 7’ punizione dalla sinistra dei neozelandesi, spizzata e punta del piede di Smeltz (per la verità in fuorigioco) che beffa Marchetti. Nell’occasione Cannavaro non fa proprio un figurone. Centrato l’insperato obiettivo, i neozelandesi si ritirano nel loro guscio imbastendo un gioco ridotto all’essenziale. Prima regola: buttarla nel mucchio a cercare i tre giraffoni Fallon, Smeltz, e Killen. Seconda regola: usare piedi, testa e anche mani se servono. L’alfiere del gioco duro è Fallon (nomen, omen) che in 45’ minuti rifila tre gomitate in faccia a Zambrotta, Chiellini e Cannavaro e rimedia solo un’ammonizione.

DIFFICOLTA' SULLE ALI - E l’Italia? Nel tentativo di scardinare il catenaccio «All Whites» , i lippiani si dannano l'anima pur con tutti i loro limiti. Producono una serie di angoli, un tiro sballato di Chiellini (17'), un fendente di Zambrotta (22’) e un bellissimo rasoterra di Montolivo (25’) che centra in pieno il palo. Il pareggio che arriva su rigore trasformato da Iaquinta al 28’, per leggera trattenuta di Smith su De Rossi, è un premio alla nostra volontà. A quel punto t’aspetti la goleada e invece continua il calvario. È sugli esterni che gli azzurri faticano a creare gioco, mettendo in sofferenza le punte (Gilardino in primis). Pepe ha perso lo smalto dell’esordio della prima partita. E Marchisio, che Lippi vuole incursore alla Perrotta, si sfianca ma non punge mai.

OTTAVI IN BILICO - Nella ripresa il ct ha provato così a suonare un altro spartito. Il piano B prevede l’entrata in scena di Di Natale al posto di un Gilardino sempre più in crisi d'identità (con la serata di Nelspruit è da 85 giorni che non segna) e di Camoranesi per Pepe. Nell’ultima mezz’ora viene gettato nella mischia anche Pazzini (subentrato a Marchisio) a formare un tridente d’attacco che finisce però solo con l'aumentare il caos generale. E a sette minuti dal termine c'è l’occasionissima capitata sui piedi del talentino kiwi Wood: diagonale che esce di un soffio. Fosse entrato, saremmo già sul volo che ci riporta a casa.

LE INTERVISTE

«Non siamo stati fortunati ma non abbiamo fatto grandi cose. e soprattutto siamo stati poco concreti. Anche oggi la prima volta che hanno buttato la palla in area ci hanno fatto gol, poi siamo riusciti a raddrizzare la situazione ma questa era una partita da vincere. Qualcosa di più andava fatto»: questo il commento del ct Marcello Lippi al termine del deludente pareggio per 1-1 tra Italia e Nuova Zelanda. Sull'attacco che continua ad apparire in difficoltà Lippi è esplicito: «Non è sempre una questione di reparto ma qualcosa di più bisogna fare. Noi sappiamo fare meglio, molto meglio di così. Tutti i 23 giocatori che sono qui. Non è una questione di volontà, che è stata ammirevole». I cambi in attacco? «Non bisogna colpevolizzare un reparto. Quando si vuole vincere una partita bisogna provare tutte le armi a disposizione, come faccio sempre». A chi obiettava che forse gli attaccanti a un certo punto fossero troppi e creassero intasamento, Lippi risponde che la posizione larga di Iaquinta non ha creato problemi di questo tipo. Ma le due brutte partite giocate dall'Italia non cambiano le convinzioni di Lippi sulle sue scelte: «A casa, in Italia, non ci sono fenomeni che ci avrebbero risolto le cose qui. E comunque certe domande è meglio farle alla fine. Perché poi magari bisogna rimangiarsele». Un po' di nervosismo, ma Lippi assicura che più che altro è dispiacere: «Dispiacere per non avere vinto una partita giocata sempre nella metà campo della Nuova Zelanda e con il massimo dell'impegno». Chiusura su un giocatore la cui assenza si fa sentire: «Pirlo? Può dare una mano, ma non ho la certezza che sia disponibile», ha aggiunto in risposta a una domanda sul possible recupero del centrocampista infortunato.

CANNAVARO PERMALOSO - Lippi nasconde il nervosismo meglio dei suoi calciatori. Il capitano dell'Italia Fabio Cannavaro appare visibilmente contrariato a una domanda (peraltro nemmeno cattiva) di Giampiero Galeazzi ai microfoni della Rai: «Sei uno degli sportivi più titolati del mondo ma sappiamo e tu lo sai meglio di me che le medaglie non vanno in campo: a tua discolpa cosa dici dei due gol presi dall'Italia, tu che sei un uomo onesto?». «Cosa devo dire? - graffia Cannavaro -. Sono cose che capitano. Dove ho più colpa? Ma siamo qua per fare un processo a me o cosa...? L'altra volta (contro il Paraguay, ndr) non era il mio uomo e si è detto che era il mio, questa volta mi sono trovato una palla addosso così. Sembra che mi si vuole processare - ha chiuso il capitano della nazionale italiana -. Fammi capire...».

ZAMBROTTA - «Abbiamo fatto comunque una buona gara» è l'analisi di Gianluca Zambrotta. «Abbiamo preso gol su una delle due occasioni che ha avuto la Nuova Zelanda, su palla inattiva come contro il Paraguay. Abbiamo creato tantissimo e ci è andata male. Dobbiamo solo sperare di fare 3 punti nella prossima partita per andare avanti» ha proseguito Zambrotta. «Non credo che abbiamo creato troppo poco. Il loro portiere è stato bravo, Montolivo ha preso un palo. Credo che la nostra partita non sia stata male sotto tutti i punti di vista. Dobbiamo guardare avanti: abbiamo ancora tutte le possibilità di passare il turno».

IAQUINTA - Sintetica l'analisi dell'autore del gol Vincenzo Iaquinta: «La Nuova Zelanda si è chiusa molto bene. Siamo andato molto vicini al gol con Montolivo. È stata un peccato questa partita». Non si discosta molto Alberto Gilardino: «Una giornata iniziata male con quel gol su calcio da fermo. Ora bisogna vincere per non andare a casa. Oggi eravamo entrati in campo con la determinazione giusta. Sapevamo che la Nuova Zelanda era inferiore a noi per qualità ma forte fisicamente. Non siamo riusciti a fare il nostro gioco. Qualcosa in più davanti abbiamo creato rispetto alla partita contro il Paraguay. Dopo il pareggio non siamo riusciti a pareggiare». Sulle sostituzioni, Gilardino osserva che «nel secondo tempo il ct aveva bisogno di giocatori più rapidi che potessero saltare l'uomo, ma non è servito a vincere. Io sto bene È normale che senza risultati soffriamo tutti, me compreso. Dobbiamo solo prepararci bene per la Slovacchia e provare a vincere questa partita».

GILARDINO - «Dobbiamo fare qualcosa di più altrimenti è giusto che andiamo a casa», è invece l'analisi di Alberto Gilardino, reduce - come tutti i compagni - da una doccia gelata non in senso metaforico: un guasto all'impianto idraulico dello stadio, infatti, ha fatto mancare l'acqua calda negli spogliatoi. «È una giornata non molto positiva, iniziata male con il loro gol. Poi siamo riusciti a riagganciare con Vincenzo (Iaquinta, ndr) su rigore, ma è diventata dura - spiega l'attaccante azzurro ai microfoni di Rai Sport -. Sapevamo di incontrare una squadra forte fisicamente, non abbiamo giocato come sappiamo e non siamo riusciti a vincere la partita». L'Italia ha creato di più rispetto alla gara con il Paraguay, «ma credo che ogni partita faccia storia a sè. E io - dice ancora Gilardino - gioco spesso spalle alle porte e questo mi penalizza. Devo cercare di dare più profondità, andare più verso la porta, ma dobbiamo essere più lucidi negli ultimi passaggi».

CRISCITO - «Da adesso in poi non possiamo più sbagliare» sottolinea l'esterno azzurro Domenico Criscito. «Ci è mancata lucidità - spiega il difensore del Genoa nel corso di un'intervista a Sky -. Gli attaccanti ci sono e hanno grosse qualità, basta solo che si sblocchino. Peccato perchè questa era una partita da vincere a tutti i costi, adesso dobbiamo vincere con la Slovacchia». Poi Criscito analizza così le difficoltà trovate dall'Italia in fase offensiva: «Abbiamo giocato troppe palle alte, forse tenendo la palla bassa avremmo potuto metterli più in difficoltà».

MONTOLIVO - «Dopo aver subito gol alla prima disattenzione abbiamo fatto di tutto per raddrizzare il risultato e vincere ma non ci siamo riusciti. Non credo sia un problema di attaccanti, bisogna cercare con più insistenza gli inserimenti e il tiro» è invece il parere di Riccardo Montolivo. «Contro la Slovacchia dovremo vincere e cercare di non prendere gol», ha concluso il centrocampista della Fiorentina.

DE ROSSI - «Quello che è sicuro è che bisogna migliorare subito, altrimenti non si va avanti» sintetizza De Rossi. «È sicuro che bisogna migliorare subito, altrimenti non si va avanti. Gli scenari non sono bellissimi, ma sappiamo che dobbiamo vincere e basta. Adesso è inutile fare calcoli, - prosegue il centrocampista azzurro - se arriviamo secondi andiamo a giocare contro l'Olanda che è una grande squadra come noi. Ma intanto bisogna passare. Serve migliorare tutti insieme, anche analizzare bene una gara come quella di oggi, ci manca sempre qualcosina, ci manca qualità nell'ultima zona di campo ma non per colpa degli attaccanti ma di tutti. Tutta la gara abbiamo giocato nella metà campo loro, serve un'analisi, sicuramente potremmo fare molto meglio».

PEPE - «Nessun disastro». Simone Pepe prova così a ribattere le critiche. «L'Italia va in campo per vincere le partite e ci proveremo anche giovedì con la Slovacchia - dice a Sky Sport il nuovo laterale della Juventus -. La mia sostituzione? Ne parleremo con il mister e con la squadra, queste cose devono rimanere nello spogliatoio, è una cosa di campo. Io mi sentivo bene e ho cercato di fare la mia parte, ma se il mister ha deciso di mettere giocatori con caratteristiche diverse va bene, quel che conta è il bene della Nazionale, non quello di Pepe o di altri giocatori».

(tratto da "corriere.it")

15.6.10

ITALIA - PARAGUAY

Per il debutto Lippi conferma il 4-2-3-1 e punta tutto su Alberto Gilardino centravanti sostenuto da Vincenzo Iaquinta a sinistra, Simone Pepe a destra e Marchisio sulla trequarti. Il quartetto avanzato nei primi 45 minuti gioca una partita disastrosa: Gilardino è costretto a giocare pochi palloni, tutti scomodi, mentre Iaquinta e Pepe sugli esterni riescono a trovare un’utlilità vera soltanto quando si muovono senza palla per favorire gli inserimenti dei compagni. La nota più stonata è però Marchisio, che non entra mai in partita e per lunghi tratti vaga alla ricerca della posizione. A rendere le cose più difficili ci si mette anche il resto della squadra, visto che passati i primi 10 minuti, vissuti sulle ali dell’entusiasmo, gli azzurri di Lippi incappano in un possesso palla sterile e in qualche lancio di troppo.

A centrocampo De Rossi e Riccardo Montolivo mostrano una buona condizione non hanno mai la possibilità di costruire, così la partita presto si incanala su un binario pericoloso: il Paraguay suda freddo su un contropiede solitario di Montolivo, poi si affaccia un paio di volte dalle parti di Buffon e dietro inizia a prendere le misure nel migliore dei modi al prevedibile gioco italiano. Al 39’ il gelo: su una punizione da sinistra Alcaraz arriva come un missile tra Fabio Cannavaro e De Rossi e di testa batte Gigi Buffon. L’Italia torna negli spogliatoi con il Mondiale improvvisamente in salita e quando ne esce dal tunnel lo fa presentandosi senza Buffon, costretto a lasciare il posto a Federico Marchetti per un probabile risentimento muscolare.

“Partite come queste vanno vinte2. È il primo commento di Marcello Lippi appena terminata la patita Italia-Paraguay ai microfoni di Rai 1. “Il rammarico più grande è proprio per il risultato, meritavano di fare bottino pieno”, ha proseguito il ct azzurro. “I paraguayani l'unica volta che si sono avvicinati alla nostra porta hanno fatto gol. Loro si sono limitati a controllare e non hanno fatto niente, noi abbiamo fatto la partita. C'è stata una bella reazione, ma dobbiamo fare di più sotto porta e sottorete”.

BUFFON - Lo stesso Gigi Buffon a fine partita rassicura sulle sue condizioni: “Si tratta di un risentimento al nervo sciatico, spero di recuperare in due giorni. Temevo di essermi strappato”. Il portiere non ha però mancato di esprimere il proprio disappunto sul gol subito: “Per loro è stato tutto troppo agevole, tuttavia mi è piaciuta molto la grinta e la cattiveria che ci ha permesso di pareggiare: era la prima partita. Per me importante era non perdere”. Quando è uscito, ha incoraggiato e rassicurato Federico Marchetti. Il portiere del Cagliari ha ammesso: “Esordire così è più facile, l'emozione è stata grandissima, ma quando poi cominci a giocare pensi solo alla partita”.

DE ROSSI - “È stato mio gol più importante in Nazionale”, ha detto il centrocampista della Roma. “Siamo stati ingenui sul primo gol - si riferiva a lui e Cannavaro, ndr - ma poi ci siamo ripresi: siamo stati bravi e fortunati. È dura se vai sotto, ma il girone è ancora piedi anche se avessimo perso». Continua De Rossi: «Non ho mai avuto dubbi sul fatto di essere in grado di giocare oggi. Il campo era pesantissimo, pioveva davvero molto”. Poi a una domanda se considera la partita dell'Italia un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: “È mezzo pieno”, ha concluso l'azzurro.

CANNAVARO - Il capitano azzurro Fabio Cannavaro analizza gli errori: “Una disattenzione su un calcio piazzato ci stava costando caro. Abbiamo parlato di questo con il gruppo e ci siamo detti di dover stare più attenti perché in un mondiale devi sbagliare meno possibile. C'è stata la reazione, abbiamo corso e lottato, siamo soddisfatti. Oggi c'è stato un pareggio, ma al di là del punteggio la prestazione è buona. I giocatori che sono qui sono i migliori che abbiamo nel campionato”.

IL CT DEL PARAGUAY - Soddisfatto per il risultato il tecnico dei sudamericani, Gerardo Martino. “Siamo stati al di sotto di quello che ci si aspettava? Bisogna tener conto dell'importanza dell'avversario. Siamo stati ordinati e nel secondo tempo ci siamo difesi molto, poi si è fatto male Santana e non avevamo più cambi. Penso sia un risultato buono”, ha sottolineato il ct paraguayano. “Era la prima partita, c'erano tante aspettative, molta ansia e un po' di nervosismo: è un risultato che deve essere di stimolo e che ci deve far pensare a cosa fare per migliorare”.

Antonella Occhiolino

14.6.10

Teniamocela

Stasera al debutto i Campioni del Mondo. Errore più grave? Quello di non crederci. In bocca al lupo ragazzi.
Campione del mondo. Nella notte di Madrid Nando Martellini lo scandì con la voce rotta dall'emozione per tre volte di seguito. Il miracolo si ripete 24 anni dopo sotto il cielo di Berlino in una serata di calcio sudato, in cui gli azzurri soffrono, ma alla fine di 120 minuti terribili e dei rigori esorcizzano il fantasma della Francia. Campioni, padroni del mondo. Marcello Lippi come Vittorio Pozzo ed Enzo Bearzot. E' la sublimazione del calcio. Un pagina scritta da un romanziere folle che all'ultimo capitolo inventa il finale più drammatico dopo una partita sofferta e sempre in bilico. I bucanieri di Domenech ammainano la loro bandiera e si arrendono definitivamente. Marcello Lippi e Raymond Domenech confermano di essere due inguaribili sentimentali. Non cambiano nulla rispetto a Germania e Portogallo. Due scuole di pensiero a confronto, entrambe all'insegna dell'organizzazione. Ma Italia-Francia è anche dèja-vu, una sfida perennemente appesa alla fatalità, non a caso risolta dal dischetto del rigore. Quando Henry va a sbattere con la testa contro Cannavaro Domenech fa scaldare subito Trezeguet e Wiltord, due incubi notturni dell'Italia. I due avvoltoi della finale di Rotterdam. Ma il fuoriclasse dell'Arsenal non rinuncia alla sua finale. Si è sempre detto che la Francia è squadra tosta; un gruppo irriducibile che gratta gratta risolve i suoi problemi. Con il Portogallo ci è riuscita grazie a un rigore di Zidane. Perché non riprovare? Quando Malouda viene contrastato in area da Materazzi e Elizondo indica il dischetto, i Bleus alzano la cresta e annusano già l'aria dei Campi Elisi. Zizou dal dischetto va a sbattere sulla traversa, ma la palla ricade in rete.
L'effetto sugli azzurri è devastante. Per una decina di minuti la Nazionale arranca, intrappolata in una paura giustificata. Ma, nonostante il preoccupante vuoto sulla fascia di Perrotta e la precarietà di Totti, piano piano gli azzurri ricuciono lo strappo e cominciano a giocare come sanno. Lippi lo ha sempre detto: questi sono ragazzi con un carattere straordinario. E il gol di Materazzi ne è la sintesi. Sull'angolo di Pirlo, il difensore salta almeno una decina di centimetri in più di Vieira e impallina Barthez: dall'inferno al paradiso. E' il gol che dà la carica. Gattuso è l'icona: l'uomo che va su tutte le palle, che morde le caviglie senza mai ferire. La Francia si fa sorprendere del gioco alto della Nazionale riducendo la sua portata di azione in attacco e favorendo il possesso di palla. Chiusi i varchi a Ribery e Henry, anche per Zidane tutto si complica: il capitano è grande, ma autogestirsi nel pressing azzurro è praticamente un'impresa. Un Italia migliore, senza ogni dubbio, e la traversa di Toni al 36' è il miglior biglietto da visita. I due guizzi di Henry all'inizio della ripresa ribadiscono però che la Francia ha sette vite. I Blues appaiono completamente trasformati. Divorano metri come saette. Giocano di prima, sfruttando la velocità di Ribery e Malouda e un evidente calo degli azzurri. Un'aggressione con tutte le regole che costringe i nostri centrocampisti ad arretrare per dare una mano a una difesa in affanno. Il primo cambio è di Domenech: fuori Vieira, infortunato, per Diarra. Lippi risponde con una doppia mossa coraggiosa e realista: De Rossi e Iaquinta per gli stanchissimi Totti e Perrotta. Un 4-3-3 con gli esterni in attacco (l'udinese e Camoranesi) molto larghi e Pirlo più avanzato. Ma è sempre la Francia a impressionare di più. Dopo il gol annullato al marmoreo Toni per fuorigioco, Buffon dice di no a Henry. Niente di trascendentale, ma con gli azzurri chiaramente provati l'effetto è più evidente. E' durissima. Anche l'intraprendenza dei transalpini si esaurisce. Finita la benzina ora serve il cuore. Lippi gioca quindi l'ultima carta: Del Piero per Camoranesi. La Francia tenta l'ultimo assalto, l'Italia si difende e i supplementari diventano inevitabili. Alla Francia il cuore batte di più. Costringe l'Italia a subire il suo gioco monotono, fino a sfiorare il gol con Ribery, che lascia per Trezeguet. I Bleus con due punte non possono che spaventare di più. C'è da morire. Buffon inventa la parata della vita sul colpo di testa di Zidane, ma è impensabile che sia il numero 1 azzurro a salvare da solo la patria. Esce Henry, acciaccato, ed entra Wiltord. L'orizzonte si fa buio, ma ci pensa Zidane, proprio lui, a rovinarsi immagine e Mondiale con un'indecente testata sul petto di Materazzi. Elizondo, dopo le giuste proteste degli azzurri, non può che espellere il francese. L'Italia non sfrutta l'uomo in più; gli uomini più freschi come Del Piero e De Rossi non incidono. Si va ai rigori. Ma la maledizione è finita. (Fonte articolo, Gazzetta dello sport, clicca qui)

Terza giornata dei Mondiali

Slovenia - Algeria 1 - 0

Si scrive Gruppo C, si legge “regno delle comiche”. Dopo il pareggio di sabato sera tra Inghilterra e Stati Uniti, con errore decisivo del portiere Green, tocca a un altro portiere lasciare il segno in negativo. Chaouchi, questo il nome dell'estremo difensore nordafricano, è infatti andato completamente a vuoto su una conclusione angolata ma parabilissima del capitano sloveno Koren. Un gol molto importante per la storia della nazionale slovena, dato che è stata la loro prima vittoria in un torneo mondiale, ma anche per la classifica del Gruppo C. Gli uomini del coach sloveno Kek vanno a tre punti, salendo in testa al Gruppo C. L’Algeria è già quasi eliminata.

A sancire un esordio da dimenticare per le "Volpi del deserto", questo il nome dei nazionali algerini, anche l'espulsione dell'attaccante del Siena Ghezzal, che, entrato a partita in corso, è stato capace di farsi espellere per doppia ammonizione in meno di un quarto d'ora.

Ghana-Serbia 1- 0

Arriva la prima vittoria africana al Mondiale del Sudafrica. A Pretoria il Ghana batte a sorpresa la Serbia e fa felice un intero continente. La vittoria della squadra africana è meritata, nonostante il gol sia arrivato su un calcio di rigore concesso per un incredibile fallo di mano dell'ex giocatore della Fiorentina Kuzmanovic. La Serbia di capitan Stankovic, di Ivic, ma soprattutto dell'uomo mercato del momento Krasic, è sembrata lenta e macchinosa, con grosse difficoltà nell'impostazione della manovra e con più di un uomo fuori forma. Il Ghana conferma di essere la meno africana delle africane, con un calcio basato sulla prestanza fisica dei suoi giocatori, ma tatticamente ben organizzato dall'allenatore serbo Milovan Rajevac, uscito vincitore nello sconto tra tecnici con il connazionale Antjc. La Serbia rimane in dieci alla mezz'ora della ripresa per l'espulsione di Lukovic, fino a quel momento il migliore tra i suoi, ma paradossalmente costruisce le azioni migliori dell'incontro, in particolare quella in cui Krasic, autore di una partita da dimenticare, impegna severamente il portiere ghanese Kingson. Scampato il pericolo le stelle nere d'Africa potrebbero anche accontentarsi del pareggio, ma Kuzmanovic tocca in area con la mano un cross destinato al fallo laterale e Asamoah Gyan ringrazia trasformando dagli undici metri. Nel finale è lo stesso Gyan a sfiorare il raddoppio, con un tiro che supera il portiere serbo ma termina la sua corsa sul palo.

Germania - Australia 4 - 0

Poker! La Germania ha studiato. Sistemare l’Australia è stato come indicarla sul mappamondo: un giro, e via.

I tedeschi portano a casa un successo che, al netto dell’enfasi, aiuta a entrare nel Mondiale con la volontà, manifesta, di restarci il più possibile. Facilità e piacere di giocare di squadra, senza effetti speciali: ecco il messaggio, forte e chiaro, trasmesso alla concorrenza. Quattro reti, quattro marcatori: la Germania multietnica ha buona mira e piedi generosi

La Germania dopo le non esaltanti partite delle altre pretendenti al titolo finora scese in campo (Francia, Inghilterra e Argentina) ci tiene a far sapere che prima di alzare la coppa l'11 luglio si dovranno fare i conti con lei.

antonella Occhiolino

Gp Canada: Hamilton vince

È una mezza soddisfazione (o una mezza delusione) il Gran premio del Canada per la Ferrari. Una gara che Fernando Alonso avrebbe potuto vincere, ma ha finito al 3° posto; una gara in cui la F10 andava veloce quanto le McLaren e più delle Red Bull, ma ha concluso con un solo pilota in zona punti; una gara in cui strategia e box hanno funzionato come da tradizione, ma i piloti non ne hanno approfittato. «Non sono contento anche se il risultato è buono», sintetizza Stefano Domenicali.

La corazzata McLaren ha piazzato la 2ª doppietta consecutiva Hamilton-Button. Alonso, dopo aver ronzato sempre nelle prime posizioni, alla fine se la prenderà col traffico (una Lotus, una Toro Rosso e una Hispania) che l’ha rallentato nei momenti cruciali.

La gara è vivace e incerta fin dalla prima curva, quando Massa finisce a sandwich tra Liuzzi e Button, e deve fermarsi a sostituire il musetto. E anche se la conclusione appare logica, con tre campioni del mondo sul podio, tutto quello che succede in mezzo è qualcosa che gli addetti ai lavori non sanno spiegare.

Tra due settimane si corre a Valencia, su un circuito simile a quello dell’Ile Notre Dame di Montreal: possiamo aspettarci un risultato analogo? «Anche meglio - si augura Massa - visto che porteremo tante novità tecniche». Ieri è stato lui il punto debole: un incidente all’inizio, uno alla fine con Schumacher che gli taglia la strada. «Io e Michael lottavamo per il nono posto - spiega il brasiliano -. Non credo che l’abbia fatto apposta, però non ne valeva la pena». In serata subirà pure 20’’ di penalizzazione per eccesso di velocità durante uno dei suoi innumerevoli passaggi in corsia box. A metà campionato è tempo di bilanci: i 27 punti di distacco dal compagno di squadra gli assegnano in maniera abbastanza definitiva il ruolo di numero 2.

Hamilton aveva ottenuto sabato la sua prima pole della stagione, ma subito dopo aver tagliato il traguardo, l'inglese è rimasto quasi del tutto all'asciutto, al punto da essere costretto a scendere dall'abitacolo e a spingere la monoposto, fino a quando non sono stati gli uomini della safety car, impietositi, a fermarsi e a dargli un passaggio fino ai box. Contrattempo che non ha fatto perdere comunque la pole al pilota McLaren. Il regolamento prevede che le monoposto debbano rientrare ai box entro un tempo ben definito e con un ben preciso quantitativo di benzina. Spegnendo il motore e spingendo la monoposto, Hamilton è riuscito a evitare di consumare benzina ma è stato multato per il ritardo con cui è rientrato ai box. «Ammonizione e ammenda di 10 mila dollari» hanno deciso i giudici canadesi.

«Non sono contento, potevamo fare di più», ha affermato Stefano Domenicali, direttore sportivo delle Rosse, nonostante il terzo posto di Alonso. «Avevamo un passo di gara che ci avrebbe consentito di vincere, ma almeno siamo riusciti a dare un segnale. Resta comunque un grande rammarico, dovevamo fare più punti». «Devo dire d'aver avuto un supporto incredibile dai tifosi, la gara è stata dura ma sono riuscito a vincere. Sono orgoglioso della mia squadra», ha detto il vincitore Hamilton. Felice anche Button: «È stata una corsa difficile dove era difficile capire come gestire le gomme. Un'altra doppietta per la squadra, ma avrei preferito essere a parti invertite: io al posto di Hamilton». «Sapevamo che la McLaren e la Ferrari sarebbero state davanti ma abbiamo lottato fino alla fine», queste le parole di Mark Webber. Altro ritiro per Jarno Trulli. Per l'italiano della Lotus una stagione difficile: «Andavo bene, stavo recuperando ma ho avuto problemi idraulici, eletronici e di freni e sono stato costretto ad abbandonare. Sapevamo che era dura, ma succedono tutte a me», ha detto sconsolato l'abruzzese.

Antonella Occhiolino

13.6.10

Ringhio dà l'addio alla maglia azzurra

A 33 anni ringhierà un po' di meno. Questo sarà l’ultimo mondiale per Rino Gattuso. Per annunciare l'addio all'azzurro Ringhio va giù piatto, senza fronzoli, nel suo stile: «È giusto dare spazio ai giovani». Per il futuro ha un sogno: «Allenare la nazionale». A poche ore dall'inizio dell'avventura mondiale (mentre Cossu, «liberato» dal ct Lippi torna a casa), Gattuso parla a Casa Azzurri. Il milanista si muove disteso tra le domande dei giornalisti internazionali («parliamo in inglese, spagnolo? Per me possiamo fare pure in calabrese…»), scherza sulla carta d’identità («vecchio io? E allora mio nonno che deve dire?») e si fa tremendamente serio quando viene interpellato sulla diatriba in corso tra calciatori e politica: «Facciamo un patto: noi non parliamo di politica, i politici non parlino di calcio. Altrimenti divento matto».

Tornasse indietro gestirebbe in maniera diversa l’infortunio che l’ha martoriato mettendo a repentaglio la sua avventura sudafricana. «Ho scherzato con il mio ginocchio e l'ho pagata: di questo sono pentito. In Confederations stavo in piedi su una gamba sola: mi sono rovinato con le mie mani». Ora può respirare: «Mi sveglio e il ginocchio non è più impastato, c’è meno gonfiore».

OCCHIO AL PARAGUAY – Contro "l'albirroja", è certo, si farà a sportellate. «Sono tosti, lottano su tutti i palloni. Dobbiamo essere bravi a non cadere in provocazioni perché ci sarà da battagliare per 90’minuti». Che non ci sia troppo ottimismo intorno alla nazionale non lo spaventa, anzi. «C’è un po’ di paura, tutti ci aspettano al varco. Per scaramanzia dico che andrà male. Ma anche quattro anni fa avevo brutte sensazioni e sapete tutti come è andata a finire».

Parole dolci per il compagno Pirlo, che combatte con un infortunio che potrebbe costargli l’intero torneo. «È un grande figlio di…In allenamento prende in giro tutti, sta sempre a scherzare. Però stavolta l’ho visto con la faccia triste. Ha preso una bella mazzata ma sta lavorando sette ore al giorno per recuperare. Per noi Andrea è molto importante».

Del Sudafrica dice che «è un paese stupendo, allegro». Ma un mondiale blindato per ragioni di sicurezza non gli va giù. «Non è possibile che ti debba muovere sempre e solo con la scorta. La mia famiglia è rimasta a casa, e sono più sereno così».

Sudafrica: resoconto seconda giornata

Corea del Sud - Grecia 2 - 0

Se la Grecia è in profonda crisi finanziaria, la sua Nazionale di calcio sembra aver già dichiarato "default" ai Mondiali sudafricani: 2-0 per la Corea del Sud, che vince facile nella prima partita del girone B condannando quasi certamente gli ellenici, lontani parenti di quelli che nel 2004 diventarono campioni europei, ad una prematura uscita dal torneo.

Al Nelson Mandela Bay di Port Elizabeth va in scena una versione moderna della tragedia greca, tanto appare lenta e macchinosa la squadra di Otto Rehhagel al cospetto dei rapidi sudcoreani, che concretizzano meno di quanto riescono a creare, trascinati dalla stellina del Manchester United Park Ji Sung (da oggi miglior marcatore asiatico della competizione). Eppure era stata proprio la Grecia, accreditata dei favori del pronostico, a partire col piede giusto.

La Grecia, tramortita, si conferma inconsistente e quando Rehhagel prova a cambiare l’attacco inserendo gli intraprendenti Salpingidis e Kapetanos è troppo tardi. I biancazzurri hanno un sussulto tra il 69’ e il 71’ quando hanno tre buone occasioni per riaprire l’incontro, ma sciupano e alla fine è ancora la Corea ad andare vicina al terzo gol. Il resto è poca cosa: finisce 2-0. Per i greci, che non hanno mai segnato un gol in un mondiale, qualificarsi da oggi appare come una chimera, mentre la Corea del Sud fa festa e sogna il passaggio del turno.

Argentina - Nigeria 1 -0

Leo Messi dà spettacolo per un’ora, ma Diego Armando Maradona ha bisogno del gol di un difensore per superare il primo esame ai Mondiali. L’Argentina batte 1-0 la Nigeria con la rete di Gabriel Heinze, che decide il match con un colpo di testa perfetto dopo soli 6 minuti. Il gol premia il forcing iniziale dell'"albiceleste", impressionante in avvio.

Pronti, via e Messi illumina subito la scena.

L’Argentina crea molto ma segna poco, la cosa però non spaventa più di tanto il suo ct, Diego Armando Maradona: «È una cosa che ora non mi preoccupa - dice nella conferenza stampa dopo la vittoria con la Nigeria nella gara d’esordio - Riserveremo i colpi buoni per la prossima partita. Devo dire che il portiere della Nigeria è stato molto bravo, ha neutralizzato almeno 3 o 4 gol. La cosa importante oggi era vincere e ce l’abbiamo fatta. La squadra ha fatto delle giocate interessanti». «Abbiamo sofferto un pò - ha aggiunto l’ex "Pibe de oro" - in una partita che si presentava difficile, questa è la legge del calcio. Grazie a Dio abbiamo vinto noi, speriamo di fare più gol in futuro. Per noi era necessario vincere. I miei giocatori hanno grandi meriti così come il portiere della Nigeria. Iniziare un Mondiale vincendo ti da una certa tranquillità per il futuro. I gol arriveranno».

Inghilterra - Stati Uniti 1 -1

Tradito dal portiere. E' un esordio amaro quello di Fabio Capello al Mondiale in Sudafrica.

Gli americani dicono che Stati Uniti e Gran Bretagna sono due paesi amici, divisi da una lingua comune. Da ieri sera a dividerli c’è anche il calcio, oltre alla marea nera, l’incubo di Obama che sta avvelenando il rapporto col neopremier Cameron. Perchè il pareggio di Rustenburg è un altro sberleffo degli irrispettosi yankees agli ex padroni, dell’America e del pallone.

Al Royal Bakokeng stadium di Rustenburg il ct dell'Inghilterra ha preferito schierare tra i pali dal primo minuto Robert Green rispetto al più esperto David James, ma la scelta si è rivelata azzardata. La sfida con gli Stati Uniti finisce in pareggio. Gerrard illude i suoi dopo quattro minuti, ma Dempsey pareggia al 40’ grazie a una papera dell’estremo difensore inglese.

Fabio Capello aveva preparato la vigilia con una conferenza stampa durata nove minuti, «Io sono sicuro - si era limitato a dire Sir Fabio - che noi andremo avanti in questa competizione». Poi aveva spiegato perché, con la consueta eloquenza friulana: «Io esisto per vincere. Nella mia carriera ho costruito squadre, lavorato con i giocatori, ma sempre concentrandomi sulla vittoria. E’ l’unica cosa che conti per me».

Magari era stato onesto, perché lui è davvero così. O magari voleva scacciare i fantasmi del passato, tipo quelli della sconfitta patita dagli inglesi nel 1950 a Belo Horizonte. Anche allora i maestri erano gli ovvi favoriti, mentre gli americani erano un’accozzaglia di dilettanti. Vinsero loro, gli yankees fedifraghi, con un goal dell’haitiano Joe Gaetjens. Immaginatevi Sir Fabio a patire un’umiliazione del genere, mentre persino il numero 10 di Downing Street si aspetta da lui il mondiale. Prima della partita il premier Cameron, fra una litigata con Obama e una corsa dalla regina, aveva trovato il tempo di parlare con le truppe britanniche in Afghanistan e la nazionale in Sudafrica. A Capello aveva detto: «Lei è la persona più importante in Inghilterra». Pensate ricambiare tanta fiducia con un mesto pareggio contro gli yankees, proprio mentre la Casa Bianca prende a calci la British Petroleum per il disastro nel Golfo del Messico.

Capello aveva chiesto ai suoi di far vedere l’orgoglio inglese in campo, ma alla fine si sono beccati pure qualche fischio dei tifosi perché sembravano difendere il pareggio. «Noi - ha detto Capello - meritavamo di più. Quando fai certi errori poi vieni condannato, ma in certe occasioni dico sempre che quando pareggi è un punto guadagnato». Una parola di conforto anche per Green: «Non può essere condannato per un errore: in quel momento ho avuto tanti pensieri, ma mai la tentazione di cambiarlo. Sono fiducioso: abbiamo fatto bene, ma sprecato troppo». Il mondiale è appena cominciato, per richiamare Cameron c’è tempo.

Resoconto prima giornata Sudafrica 2010

Sudafrica - Messico 1 -1

Welcome world, it's time". Con il fischio d'inizio - in ritardo di qualche minuto rispetto alle 16 previste - dell'arbitro Ravshan Irmatov, della Federazione uzbeka, ha preso il via la sedicesima edizione dei campionati mondiali di calcio, con la gara inaugurale tra il Sudafrica, paese ospitante, allenato da Carlos Alberto Parreira, e il Messico, allenato da Javier Aguirre, per il Gruppo A.

Il grande urlo del Sudafrica muore al 35' della ripresa, quando Rafa Marquez mette alle spalle di Khune e pareggia l'incontro inaugurale del Mondiale al Soccer City Stadium di Johannesburg. E un urlo ancora più grande, sostenuto da milioni di vuvuzelas, resta strozzato quando al 90' Mphela colpisce il palo. Mai nella storia dei mondiali la squadra di casa aveva perso la prima partita e così è stato anche questa volta. In Sudafrica è festa a metà per l'1-1 con il Messico, ma cosa importa. Al fischio finale dell'uzbeko Ilyasov la festa inizia lo stesso, cullandosi sul vantaggio di Tshabalala al 10' della ripresa. È stata la partita che spesso si è vista all'esordio dei mondiali: nel primo tempo squadre contratte e timorose, ripresa più aperta e con occasioni.

L'allenatore del Sudafrica, il brasiliano Carlos Alberto Parreira, si accontenta del pari: «Avremmo potuto anche vincere ma il pareggio è giusto. Questo è un girone molto duro e la squadra che farà quattro punti passerà il turno». Il ct messicano Javier Aguirre riconosce la forza degli avversari: «La loro rete ha cambiato completamente la partita, noi ci siamo innervositi diventando ansiosi. Siamo riusciti a cambiare gioco e a pareggiare, ma non abbastanza per vincere. Bravi i nostri avversari».

Francia - Uruguay 0 - 0

Domenech zero, Uruguay zero. È una forzatura, una partita mai cominciata, novanta minuti più recupero di nulla assoluto. La Francia era il simulacro dello squadrone che fu; l’Uruguay, un guscio alla memoria. Il rosso a Lodeiro ha riassunto il massimo della libidine. Fosse stata una sfida di fine stagione di un campionato qualsiasi, i tifosi per primi avrebbero invocato l’apertura di un’inchiesta. Siamo al Mondiale e, quindi, meglio chiuderla qui. Partenze e parti sono sempre travagliati. Ma fra il pareggio di Sud Africa-Messico e questo non c’è proprio paragone.

Uruguay e Francia raggiungono Sudafrica e Messico a quota 1 punto nella classifica del girone. Praticamente nulle le emozioni, così come le occasioni da gol, con i transalpini di Domenech che hanno denotato forti limiti nel costruire azioni in grado di perforare la rete di centrocampisti e difensori disegnata da Tabarez. Dunque l'uruguaiano Lodeiro è il primo espulso del Mondiale, dopo la doppia ammonizione dell'arbitro giapponese Nishimura: il primo cartellino giallo lo aveva rimediato per avere allontanato il pallone; il secondo, al 35' del secondo tempo, per un fallo su Sagna, colpito al piede con una dura entrata. Il Green Point, capacità di 64.100 posti, era pieno soprattutto di tifosi sudafricani che hanno suonato in continuazione le assordanti vuvuzelas. I tifosi uruguaiani erano assai più numerosi dei francesi, sparpagliati qua e là nei vari settori.

«A un bel 0-0 avrei preferito un brutto 1-0 - è stato il commento, un po' sconsolato, del ct francese Domenech -. È frustrante, perché si cerca di fare bene e non ci si arrende. Abbiamo cercato di fare quello che potevamo, di mettere ritmo nella partita».

9.6.10

il BUS degli Azzurri. Curiosità mondiali

Come 4 anni fa, anche quest’edizione dei Mondiali vede assegnato ad ogni nazionale un bus "personalizzato" offerto da uno degli sponsor ufficiali.


Ogni pullman è personalizzato con i colori della propria bandiera ed un motto scritto sia nella propria lingua che tradotto in inglese, per l’Italia è stato scelto: il nostro azzurro nel cielo d’Africa che nella versione “english” suona così: Italian azzurro on Africa Sky.

Nell’edizione fortunata dei mondiali di Germania lo slogan fu “Orgoglio azzurro, l’Italia nel cuore“.Vediamo adesso gli slogan delle 32 nazionali partecipanti a Sudafrica 2010:

Algeria: Star and crescent with one goal: Victory!;
Argentina
: Last stop: Glory;
Australia
: Dare to Dream, Advance Australia;
Brasile
: The whole of Brazilis in here!;
Camerun
: The Indomitable Lions are back;
Cile
: Red is the blood of my heart, Chile will be Champion;
Costa d’Avorio
: Elephants, let’s fight for victory!;
Danimarca
: All you need is a Danish team and a dream;
Inghilterra
: Playing with Pride and Glory;
Francia
: All together for a new dream in blue,
Germania
: On the road to get the Cup!;
Ghana
: The hope of Africa;
Grecia
: Greeceis everywhere!;
Honduras
: One Country, One passion, 5 Stars in the heart;
Italia
: Italian Azzurro on African sky;
Giappone
: The Samurai spirit never dies! Victory for Japan!;
Korea del nord
: 1966 again! Victory for DPR of Korea!;
Messico
: It is time for a new champion!;
Olanda
: Don’t fear the big five, fear the Orangeeleven;
Nuova Zelanda
: Kickin’ it Kiwi style;
Nigeria
: Super Eagles super fan united we stand;
Paraguay
: The Guarani lion roars in South Africa!;
Portogallo
: One dream, one purpose… Portugalvictorious!;
Corea del sud
: The Shouts of Reds, United RepublicofKorea;
Serbia
: Play with the heart, lead with a smile!;
Slovacchia
: Shake the green field: Go Slovakia!;
Slovenia
: With eleven brave hearts to the end;
Sud Africa
: One nation, proudly united under one rainbow;
Spagna
: Hope is my road, victory my destiny;
Svizzera
: Hop Suisse!;
Uruguay
: The sun shines upon us. Go Uruguay!;
USA
: Life,Liberty, and the Pursuit of Victory!

Antonella Occhiolino

Fioretto. Podio azzurro

E' un podio tutto italiano quello che chiude a Cuba la prova di Coppa del Mondo di Fioretto femminile.

Valentina Vezzali, Arianna Errigo e Margherita Granbassi hanno monopolizzato la gara.

Sul gradino più alto, per la settantatreesima volta in carriera (in una prova di Coppa del Mondo), Valentina Vezzali. La campionessa olimpica, che in semifinale aveva sconfitto la polacca Gruchala per 15-12, ha superato nell'assalto finale l'altra azzurra Arianna Errigo col punteggio di 15-10.

Sul terzo gradino sale Margherita Granbassi sconfitta in semifinale dalla Errigo col punteggio di 15-11. Per la medaglia di bronzo a Pechino 2008 è il miglior risultato in questa stagione, dopo il rientro dal lungo stop in seguito all'infortunio alla mano.

Tra le prime otto altre due azzurre, Claudia Pigliapoco, sconfitta dalla polacca Gruchala per 15-4, e Martina Batini superata dalla Granbassi col punteggio di 15-6.

Antonella Occhiolino

La Nazionale è in Sudafrica

Comincia l'avventura mondiale della nostra Nazionale. Gli azzurri, dopo 10 ore di volo soo atterrati a Johannesburg poco prima delle 9 di questa mattina.

Nel primo pomeriggio, dopo il trasferimento nel quartier generale del Leriba Lodge di Centurion, la squadra sosterrà il primo allenamento sul campo del Southdowns College. In programma anche la prima conferenza stampa sudafricana di Marcello Lippi.

Ad accogliere gli azzurri molte telecamere, qualche sciarpa tricolore e un piccolo comitato d'accoglienza del personale del Tambo Airport. Ma anche un eccezionale dispositivo di sicurezza. Volo tranquillo e dormita per tutti gli azzurri, che appena scesi dalla scaletta sono stati accompagnati in un compound per gli accrediti Fifa e subito dopo si sono trasferiti al ritiro di Leriba Lodge.

La Nazionale ha raggiunto in pullman l'hotel del ritiro che la ospitera' durante il Mondiale. Ad attendere i campioni del mondo telecamere, fotografi e giornalisti. Presenti anche tv spagnole e brasiliane, qualche tifoso italiano e una trentina di supporters locali. Al loro arrivo in albergo gli azzurri sono stati accolti dai cori dei bambini sudafricani.

Ancora non sono arrivate le prime dichiarazioni ed impressioni africane dei calciatori italiani, ma ieri poco prima dell’imbarco all’aereoporto di Malpensa ci sono state quelle di Gigi Buffon. “Sono già in tensione- ha esordito il numero uno azzurro, che poi ha anche aggiunto -Ci danno per spacciati? Meglio, così non abbiamo nulla da perdere“. Buffon ha poi dichiarato “Siamo un gruppo forte, che sa bene quello che vuole. Spero tanto di rivivere quelle belle emozioni di 4 anni fa, che sono state fantastiche, ma anche forti e difficili da digerire“.

Nella spedizione c’è anche il presidente della Figc Giancarlo Abete, che poco prima di partire ha affermato “Non abbiamo un obiettivo minimo- ha dichiarato il Numero Uno della Federcalcio italiana -Siamo però i detentori del titolo, e quindi tocca a noi difenderlo“. Abete ha poi aggiunto che “Non siamo dei presuntuosi, sappiamo che ci sono altre Nazionali molto forti al Mondiale. Noi però confidiamo nel nostro gruppo, ed anche sul fatto che non abbiamo le stesse problematiche contrattuali del 2008, per poter ripetere una cavalcata esaltante come quella del 2006“.

Antonella Occhiolino