17.3.09

Auguri Trap!


_Giovanni Trapattoni è un patrimonio del nostro calcio e dello sport pulito. Per noi di Passion Still Lives Here fare gli auguri all'attuale commissario tecnico dell'Irlanda è il minimo. Ancora cento di questi fischi e di queste panchine Trap.
_A ben guardare i compleanni di peso, con tanto di cifra tonda, sono due. C'è quello del signor Giovanni Trapattoni, nato a Cusano Milanino il 17 marzo 1939, e che quindi festeggia i 70 anni. E poi, sempre quest'anno, c'è quello del Trap, che compie mezzo secolo di grande calcio e grandi trofei. Lo fa alla sua maniera, da protagonista dell'ennesima nuova avventura, cioè alla guida di quella nazionale irlandese che il prossimo primo aprile contenderà all'Italia la qualificazione mondiale. In ogni caso, cinquant'anni che forse neanche un'enciclopedia o un serial televisivo riuscirebbero a raccontare per intero: qui ci limitiamo a qualche assaggio video in grado di darne un'idea. Il Giuàn, giovane tipografo dell'hinterland milanese, diventa il Trap già a vent'anni, quando approda nella prima squadra del Milan, dove tutti iniziano ad abbreviare il suo cognome nel modo ancora in voga oggi. Fa il mediano, ma di quelli che puntano più sull'agilità che sulla forza. Ottimo interditore, sa rilanciare l'azione come si deve e anche, all'occorrenza, andare in gol. E, attraversando in rossonero l'intero arco degli anni Sessanta, con quel Milan vince di tutto. Amava soprattutto le sfide più difficili, mentre qualche volta soffriva quelle più semplici. Un aspetto che - ha spiegato nei giorni scorsi - usa come esempio proprio adesso per caricare i suoi ragazzi in vista della sfida con gli italiani: racconta di quando l'azzurro lo vestiva lui (lo fece 17 volte), e di un'amichevole del 1962 vinta col Brasile per 3-0 che lo vide annullare letteralmente Pelè. Come dire: sfidate avversari più forti? Se date il massimo potete batterli. Lo snodo è sempre lì, nella nazionale. E' vero che Trap inizia ad allenare nelle giovanili del Milan, e che nel 1974, quando Nereo Rocco rompe con la dirigenza, si ritrova catapultato in prima squadra. Ma l'esplosione del Trapattoni allenatore avviene due anni dopo, con la Juve, dove lo chiama il presidente Giampiero Boniperti. I due si erano conosciuti proprio in azzurro, in un'amichevole del 1960 contro l'Austria: uno all'esordio, l'altro all'ultima partita. Ma evidentemente a Boniperti devono essere rimaste impresse la carica e la grinta di quel giovane mediano, e nonostante i soli 37 anni (e meno di due di panchina) decide di affidargli la costruzione della nuova Juve. I risultati sono strabilianti: nel decennio trascorso alla guida dei vari Bettega e Boninsegna, Furino e Zoff, Platini e Boniek inanella sei scudetti e una sfilza di coppe nazionali e internazionali. E alla fine delle varie stagioni è ospite fisso della Domenica sportiva, dove espone le sue ricette vincenti sempre all'insegna di un grande senso pratico, che bada al risultato, e dell'attenzione al rapporto umano con i giocatori. Un patrimonio che porta con sé quando si trasferisce all'Inter, trasformandola in quella che passerà alla storia come "Inter dei record" nella stagione dello scudetto 1988-89. La nuova svolta è il passaggio al Bayern (1994), dopo un nuovo periodo bianconero, un po' meno vincente del precedente. Non tanto perché vince e vince subito (a questo il Trap aveva già abituato tutti), ma perché Monaco di Baviera è il teatro della celeberrima conferenza stampa in cui "Ciofanni" inveisce contro giornalisti e giocatori, e se la prende in particolare con Strunz. In sostanza accusa parte della stampa di incompetenza (non sarebbe stata l'ultima volta) e alcuni suoi uomini di scarso impegno. Ciò che conta però è che quelle acrobazie linguistiche, in quel tedesco "esuberante" di cui non si vergogna affatto, consacrano il comunicatore, l'istrione, il personaggio. Quei 3 minuti e 13 secondi diventeranno un tormentone, ne nasceranno bande musicali e il Trap diventerà - in Germania come in Italia - una star della pubblicità.
Negli anni seguenti i suoi guizzi (e svarioni) lessicali televisivi si moltiplicheranno, in tedesco come in italiano, fino all'inglese di questi ultimi mesi. E lo confermeranno tanto quale bersaglio preferito dalla satira quanto, probabilmente, tecnico italiano più amato. Un amore che non sarà scalfito dell'altalena dei risultati alla guida di Cagliari, Fiorentina e Stoccarda, e soprattutto da quelli conseguiti da ct della nazionale (2000-04, fuori agli ottavi al Mondiale 2002 e al primo turno nell'Europeo 2004). Del resto vincerà ancora: un campionato in Portogallo col Benfica, uno in Austria con il Salisburgo. E fanno dieci.
GLI AUGURI DELLA FIFA - Ora eccolo in corsa per un biglietto per il Sud Africa con la sua Irlanda. Ed è la Fifa stessa a fargli gli auguri di buon compleanno, con un'intervista pubblicata sul suo sito: "Sto bene e sono ancora motivato abbastanza per continuare a lavorare - dice lui -. Sono un credente e tutto è nelle mani di Dio, io lo ringrazio. Non ho programmi che vadano al di lá delle qualificazioni mondiali, vediamo cosa succede. L'esperienza sta tornando di moda: secondo me, il calcio è una scuola. Non si finisce mai di imparare. Forse, persone come me o come Alex Ferguson hanno passato a scuola un po' più di tempo rispetto agli altri. Cosa dicono in famiglia? I miei figli e le mie figlie sono felici che io vada avanti. Ma mia moglie mi chiede in continuazione: 'Quando finisci? Quando finisci?'. Io le dico solo: 'In futuro!'. Lei prova a tirarmi fuori dal calcio, ma non ha molto successo". Infine, l'Irlanda: "Mi sto divertendo molto. Avrei potuto scegliere un'altra nazione, ma sentivo che qui c'erano le condizioni giuste. Conosco bene il calcio inglese e sapevo giá abbastanza di molti giocatori irlandesi: hanno una mentalitá simile alla mia, il loro spirito è fantastico. Nel primo incontro, ho detto ai ragazzi che avrebbero dovuto fidarsi di me: ho l'esperienza per portare avanti la squadra. Loro, per fortuna, hanno accettato con entusiasmo".(Fonte: Gazzetta dello Sport & Luca Tittoni)

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