28.2.10

... e finalmente è arrivato il primo oro!

Giuliano aveva appena quattro anni, quando papà Antonio gli infilò per la prima volta gli scarponi degli sci. Erano più o meno i tempi in cui Alberto Tomba interrompeva il Festival di Sanremo con i suoi trionfi olimpici in prima serata. Il "Razzo" non se li ricorda, era troppo piccolo, però poi ha visto le videocassette. Ha imparato, ha sognato, è cresciuto con quelle. Ventidue anni dopo Calgary '88, e diciotto dopo l'ultimo successo a cinque cerchi dell'Albertone nazionale (Albertville '92), e sedici dopo l'ultimo podio dello sci maschile (Lillehammer '94), Giuliano Razzoli aggiunge sul nastro dello sport azzurro le immagini del suo capolavoro olimpico. E regala all'Italia la prima medaglia d'oro ai Giochi di Vancouver: l'atleta emiliano trionfa in slalom, scaccia via le ansie da ultima spiaggia («quelle non mi riguardano» aveva detto alla vigilia) e risolleva il morale della nostra spedizione dopo i troppi tonfi canadesi. Finalmente un azzurro sul gradino più alto del podio: era ora.
DA ALBERTO A GIULIANO - Un altro successo che viene dagli Appennini: Tomba è bolognese, Razzoli è nato a Castelnovo ne' Monti, in provincia di Reggio Emilia. Un campione di 25 anni che, a voler condensare la sua vita e pronunciarla per intero, è una specie di scioglilingua: il "Razzo" Razzoli da Razzolo (frazione di Villa Minozzo). Quelli del suo fan club, capitanati dal cognato Gaetano, erano a Whistler perché credono in lui. Da sempre. E lui, Giuliano, non li ha delusi. Ha tirato fuori tutto il talento che ha nel momento che conta: la virtù dei grandi. L'azzurro chiude al comando la prima manche dopo una discesa da sogno, riceve un paio di sms da Tomba («vai, feroce e veloce»), poi, nella seconda, è bravo a controllare la rimonta del croato Ivica Kostelic (argento), mentre il vantaggio sullo svedese Andre Myhrer (bronzo) rimane sempre rassicurante (l'altro azzurro, Manfred Moelgg, chiuderà al settimo posto). Razzoli arriva sul traguardo con un tesoro di 16 centesimi, quando appare il suo tempo sul tabellone (1'39"32) trattiene a stento la gioia pazza, e poi corre ad abbracciare Tomba, che è lì sul traguardo. Alberto si commuove, dice che è «un giorno fantastico». Sembrano una storia sola, adesso: da Calgary a Vancouver, la leggenda e il suo erede.


Il podio olimpico dello slalom

«SONO FELICE» - Giuliano si scioglie di felicità davanti ai microfoni: «Non ho parole, non so come ho fatto. Sono felice per i miei fan, devo ringraziarli, so che erano tantissimi davanti alla tv, hanno sofferto con me, ma questa sera li ho fatti emozionare e ne sono felice. Ringrazio la mia squadra, la Federazione che in questi due anni mi ha permesso di fare un ottimo lavoro, la mia famiglia, Tomba che mi ha incitato e che mi fa piacere aver fatto piangere. Per lui era facile vincere l'oro, per me invece è stata dura. Ma oggi è stato semplice sciare davanti a tutti, me la sono presa tranquilla. Nella seconda manche ho rischiato qualche 'pezzo' e ho fatto due o tre errorini, ma sapevo che ero il più forte».


PETRUCCI E BERLUSCONI - Un oro all'ultimo sospiro, per la squadra italiana. Gianni Petrucci, che nei giorni scorsi si aggirava con la faccia cupa tra una gara e l'altra, può finalmente esultare: «Mi sono commosso, non lo nego. Abbiamo sofferto per tutta l'Olimpiade ma, alla luce di questo risultato, va rivista l'analisi che si stava facendo. Non è un fallimento, come qualcuno già diceva». Il numero uno del Coni riceve anche la telefonata di Silvio Berlusconi: «È stata una gara eccezionale, l'ho seguita in diretta e mi sono emozionato – si congratula il presidente del Consiglio. - È una grande vittoria che ci ha reso tutti felici. Faccia i complimenti al ragazzo, lo chiamerò domani per rallegrarmi con lui». Intanto, al Main Press Centre di Vancouver, qualche burlone annuncia al microfono, in inglese e in francese: «Finalmente un oro all'Italia!». Una presa in giro, dopo i tanti, troppi flop azzurri. Ma nessuno ci rimane troppo male: oggi è il giorno di Giuliano "Razzo" Razzoli. Cosa vuoi che sia uno sfottò, dopo il più atteso degli ori olimpici. (Antonucci - corriere.it)

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