11.2.09

Bel Mondo


_Torino 2006, tre anni dopo. Ricordando la Cerimonia di Apertura.
_La Fiamma è donna. L’Olimpiade è donna. Torino è donna, e che donna: elegante, magica, misteriosa, già nel quarto secolo San Massimo la chiamava «la Madre». Da ieri Torino e le sue donne sono al centro del mondo. Di un mondo che, visto da qui, in questa notte di energia pura, sembra già un mondo di donne abitato da uomini sparuti e spauriti, tranne qualche vecchio signore alla Ciampi, che quando viene nominato sa ancora togliersi con maschia educazione il cappello.
La prima donna è Carla Bruni, torinese di Francia, e incede portando il tricolore ripiegato a salvietta come la più algida delle cameriere un vassoio di pasticcini. La seconda è una bambina di 9 anni, Eleonora, e canta l’inno di Mameli con spigliatezza talmente soave che quasi ci si dimentica che è in play-back. Le bandiere sono sorrette per lo più da mani di donna. Mani forti e decise, come quelle della ragazza danese che sventola senza paura il vessillo calpestato dagli estremisti islamici. O della nostra Carolina Kostner, inguainata come gli altri compari azzurri in un’elegante giacca a vento bronzea, liberamente ispirata alla carta delle vecchie caramelle Sperlari. Femminili sono le canzoni che, dagli Chic a Gloria Gaynor, fanno da colonna sonora al passaggio degli atleti, avvolgendo i quaranta-cinquantenni di ambo i sessi in una nuvola di compiacimento nostalgico.
Anche l’immortale Battisti parla di una donna: per amico.
L’universo femminile è stato il filo che ha tenuto insieme tutte le emozioni. Lo trovavi nei simboli della coreografia, nella forma a utero del palcoscenico, nella conchiglia botticelliana da cui è uscita una Venere senza pelliccia che si chiamava Eva ed era la Herzigova. Era una donna, e che donna, la Ferrari che ha disegnato i cinque cerchi in testacoda. Non era una donna il torinese che ha letto a bocca storta il discorso inaugurale, l’ingegner Castellani. Ma anche questa eccezione, che a qualcuno sembrerà una pecca nella sceneggiatura, conteneva un segnale di speranza, perché un mondo dove i Castellani fanno i presidenti dei comitati organizzatori è una miniera di opportunità davvero per tutti.
L’emozione assoluta l’hanno forse regalata Sophia Loren, Isabel Allende, Susan Sarandon e le altre signore che hanno introdotto nello stadio la bandiera olimpica. Solcavano il campo con passo austero, vestite di bianco come sacerdotesse pagane impegnate in un rito atavico di iniziazione solenne.
Poi sul palco è salita Yoko Ono. Franca Ciampi, Cherie Blair e Laura Bush sorridevano in tribuna: una vedova e tre mogli che anche da sole brillano di luce propria. Infine la torcia, il sorriso aperto di Deborah Compagnoni e quello tenace di Stefania Belmondo, la donna che ha acceso il mondo. Un mondo di donne, più pacifico e concreto del nostro, che non esiste ancora nella realtà, ma già vibra nei cuori commossi della notte olimpica. (Fonte: La Stampa di Torino)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu