11.2.09

Meglio il Brasile, Italia ko


_La Federcalcio è un po’ più ricca, dopo l’amichevole di Londra con il Brasile. Chi spera nelle sorti future della Nazionale lascia invece lo stadio dell’Arsenal con la sensazione di una maggiore povertà e di aver assistito a una battaglia impari, che si è riequilibrata solo nel secondo tempo quando i sudamericani sentivano la vittoria in tasca e Lippi aveva buttato finalmente in campo una formazione più competitiva, con Toni di punta assistito da Giuseppe Rossi, l’unica nota positiva nella serata. Due reti di scarto ci stanno tutte, pur con il rimpianto di due gol annullati (uno ingiustamente) e dei due prodigi con cui Julio Cesar ha salvato la porta del Brasile nel finale. La realtà è che per 45’ l’Italia è stata soggiogata come non le era mai successo nell’era di Lippi, che interrompe la propria serie positiva a un passo dal record mondiale delle 32 partite senza sconfitte. «Non pensavo di pagare un dazio così forte», ha detto il ct. Ora deve capirne le ragioni.
Brasile-Italia era la partita dei sogni. La poesia del calcio. Ci si è risvegliati dopo meno di mezz’ora come se si fosse andati a letto dopo aver consumato una padella di peperoni e patate, più propedeutica agli incubi. Manca un anno e mezzo al Mondiale, Lippi deve lavorarci su. Il progetto che si intuisce dietro a simili partite può rivelarsi una perdita di tempo perché le figure nuove cui il ct dà fiducia, come ieri Montolivo e Pepe impiegati da subito, non trovano lo spessore internazionale neppure nei loro club e non è mandandoli allo sbaraglio una volta ogni tanto che li si aiuta a crescere. Probabilmente la notte dell’Emirates servirà per distinguere i veri emergenti come Giuseppe Rossi, un magnifico e rapido incursore che ha preso consistenza nel Villarreal, da chi è lontano dal potersi imporre nella Nazionale che punta in alto. Quanto ai vecchi, da un Mondiale all’altro la differenza può essere impietosa. La cosa strana è vederli sbagliare giocate che persino tra i dilettanti farebbero scandalo: la sventatezza con cui Pirlo si è fatto rubare la palla da Robinho ai limiti dell’area nell’azione del secondo gol è da ritiro della tessera e un paio di volte Buffon è stato messo in pericolo dalle indecisioni di Cannavaro e dello stesso Pirlo nel passare la palla all’indietro. Uomini e schemi. Affrontare il palleggio dei brasiliani con un centrocampo leggero e tre punte, o roba del genere, è stato un atto superbo: nel primo tempo se ne sono pagate le conseguenze con la grande libertà di cui hanno goduto Robinho, Elano (i due che fanno bisboccia al Manchester City ma qui si sono mostrati micidiali) e Ronaldinho, il quale aveva promesso di incantare Ancelotti che lo fa giocare poco e c’è riuscito. Il Fratel Coniglietto milanista si è concesso numeri e giocate di una volta, arretrava a cercare la palla e la portava avanti senza incontrare resistenza: per lui, tranne che per un’entrataccia di Perrotta sulle caviglie, è stata una sera di allegra libertà che lo lancia verso il derby di Milano. Peccato, perché l’avvio dell’Italia era stato incoraggiante. L’apertura spaziale di Pirlo aveva raggiunto Grosso a 40 metri e il terzino che firmò il rigore del trionfo a Berlino aveva segnato al 4’: Webb, l’arbitro che aveva sostituito l’infortunato Riley, annullava per fuorigioco sull’errore del guardalinee. Ritmo, corsa, divertimento. Pareva che i giocatori si fossero accordati per trovare il puro piacere del football. La cornice del nuovo stadio dell’Arsenal, affollatissimo, aiutava la scena. Finché al 13’ il Brasile arrivava al gol, in palleggio rapido, con l’incursione di Robinho in una voragine davanti alla difesa azzurra e l’assist per Elano di fronte a Buffon. Da quel momento l’Italia dei sogni si sarebbe svegliata soltanto negli spogliatoi, con il tè dell’intervallo. Il Brasile era sciolto, abile, manovriero ma aveva anche più aggressività e più attenzione degli azzurri, che crollavano al 27’ sotto il colpo di Robinho: palla rubata a Pirlo, dribbling su Zambrotta e, sull’arrivo di Legrottaglie, diagonale sul palo opposto. La ripresa cambiava volto. Con più aggressività (Dunga si beccava con Zambrotta per un intervento duro dell’azzurro) e con la bravura di Toni nel tenere palla in area, l’Italia tentava la rimonta, un altro Rossi metteva la firma alle difficoltà brasiliane 27 anni dopo il Mondiale di Spagna: ma ci si fermava alle parate di Julio Cesar e alla rete annullata a Toni, che aveva controllato con la mano il cross di Pirlo. (Fonte: Gazzetta dello Sport)

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