15.6.09

Il campionato delle spie

_Un team sportivo è un picco­lo esercito. Con segreti, tecni­che, strategie da proteggere. E dunque non è difficile immaginare che i rivali possano cercare di impadronirsi di in­formazioni vitali. Con uno spionaggio aggressivo e, a volte, pasticcione. Con azioni che mettono insieme metodi so­fisticati e James Bond fai-da-te. È la storia recente a raccontarlo. Con il clamoroso attacco spionistico contro la Ferrari, seguito adesso dalla maldestra incursione che quelli di Oracle avrebbero organizzato ai danni di Alinghi. Una guerra di ombre nell’af­fascinante mondo della vela, dove le innovazioni in uno scafo possono de­terminare una vittoria prestigiosa. Car­pirne anche solo una può aiutare a stu­diare la contromossa. Ciò che colpisce, però, è la spropor­zione. Da un lato c’è l’uomo al quale Oracle ha affidato la «missione impos­sibile»: un dipendente e non uno 007 con in tasca chissà quali diavolerie elettroniche. Dall’altro una barca che racchiude il meglio dell’high-tech e dell’inventiva. Evidentemente avevano fretta di scoprire qualcosa e si sono do­vuti arrangiare. Altri saranno stati più furbi e scaltri, non lasciando tracce del­le intrusioni. Ma, dettagli a parte, il caso è una conferma di quanto avviene nello spio­naggio tradizionale. Il campo di batta­glia dove si muovono gli agenti segreti — privati o di Stato — è quello stermi­nato della tecnologia. E quando que­sta entra nello sport si trasforma auto­maticamente in un bersaglio appetibi­le. Un’attività non ortodossa su cui in­vestire perché tutto ciò che può dare un vantaggio ad una squadra diventa oggetto di interesse. Un tipo di allena­mento, i miracoli di un laboratorio che rimette in piedi i giocatori, il moto­re, l’aerodinamica, la velatura, il telaio fanno la differenza. Conta l’atleta, ma conta anche come si prepara o il mez­zo che usa nella competizione. E non potendo clonare il campione, gli avver­sari si accontentano di spiarlo. (Fonte: Corriere della Sera)

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