25.10.09

Capolavoro Rossi, è la nona sinfonia iridata

Valentino Rossi è campione del mondo. Ancora, e siamo a quota nove. E’ forte il rischio di considerare scontata o normale questa impresa. Perché ormai siamo abituati, Valentino ci ha abituati. Però, a nominarli tutti, nove titoli mondiali nello sport moderno li possono vantare pochi atleti. E allora bisogna provare a spiegare, ammesso sia possibile (essendo la nona volta), cosa c’è dietro queste magiche vittorie che appassionano milioni di tifosi italiani e altrettanti tifosi che nel mondo ce lo invidiano (perché quando senti gli stranieri parlare di lui, l’invidia la senti eccome). Valentino vince così tanto innanzitutto perché è un fantastico professionista, quasi maniacale nel voler superare i propri limiti, e questa motivazione è senz’altro la già straordinaria base di partenza. E sì che gli anni passano anche per lui. Negli ultimi tre anni abbiamo visto come due ragazzi terribili come Casey Stoner e Jorge Lorenzo i mezzi per batterlo li avessero (l’Hayden del 2006 è stato una meteora, tant’è che si ricorda di più la caduta di Vale a Valencia che non i trionfi di Nicky). Ma il pesarese è stato grande due volte: li ha battuti non solo in pista, ma anche e soprattutto perché li ha costretti a entrare in un terreno per loro inesplorato, quello del superamento dei propri limiti. Il dottore li ha costretti ad andare oltre, e sono andati in tilt. Lorenzo certamente meno di Casey. Ma quando si è trattato di portare l’assalto decisivo, quest’anno lo spagnolo ha sempre fallito. Quello che però forse colpisce di più, oltre all’immenso talento motociclistico, è come il suo spirito non invecchi mai. Vale è sempre avanti, sa sempre trovare nuovi stimoli, adora come José Mourinho (il tecnico della sua amata Inter) il “rumore dei nemici” che si fanno avanti per togliergli la corona. Valentino Rossi è un moto perpetuo, prima ancora nell’istinto che nello stare in sella. Si fa fatica a ricordarne gare banali, si ricordano quasi esclusivamente le tante vittorie o le cadute (dentro e fuori la pista). Una specie di spirito da Highlander della moto. Nessuno tra giornalisti o addetti ai lavori, un ambiente ultracompetitivo e affatto tenero, ipotizza anche solo lontanamente che ci sia la possibilità di un suo ritiro. E non sarebbe un argomento blasfemo visto che parliamo di un 30enne (in un mondo dove si comincia anche a 15 o 16 anni, se non prima) che ha conquistato qualcosa come 9 titoli iridati, 103 vittorie (104 se vince a Sepang), 57 pole (58), 82 giri veloci (83), 162 podi (163) su 225 GP (226) disputati. Anzi. Sono tutti pronti ad associare quel sorriso furbo che buca il video a nuove imprese, che si tratti di guidare una Ferrari o di far vincere una Ducati (quest’ultima cosa sarebbe un Oscar alla carriera). Lo spirito di Rossi trascina, è sempre proiettato al futuro, a prescindere da età anagrafiche e palmares. Questo è forse il vero grande segreto di Valentino, lo spirito dell’esordiente e l’esperienza del navigatissimo campione, una combinazione tremenda per chi ci ha a che fare in pista. Dice Andrea Dovizioso, suo collega in forza alla Honda: “Quello di cui si parla sempre poco è la capacità di Rossi di cambiare il proprio stile di guida e continuare a vincere lo stesso. Non ho mai visto un pilota capace di questo, è qualcosa di grande”. Valentino sa cercarsi nuove sfide, e di fronte ne ha ancora tante: il record di vittorie di Giacomo Agostini, il decimo titolo per fare cifra tonda, battere qualche altro emergente che sogna di stargli davanti, magari vincere ancora con una nuova moto. Essendo un Highlander, ha solo l’imbarazzo della scelta.
Valentino Rossi suona la nona. Sì, perchè il nono titolo iridato in carriera è suo. In Malesia basta un 3° posto, proprio davanti a Lorenzo, in una gara più complicata del previsto, perchè ingarbugliata da un monsone che si scatena appena viene aperta la corsia box e che provoca un ritardo di 40’ sulla partenza. La gara viene vinta, ma sarebbe meglio dire dominata, da Casey Stoner, che fin dal primo giro stacca tutti e vince con ampio margine su Dani Pedrosa e su Valentino. Valentino è sempre stato in controllo della situazione, nonostante l’errore alla prima curva che lo ha fatto retrocedere dal primo all’ottavo posto. Le cose si sono subito messe bene per il pesarese prima della partenza. Infatti Lorenzo è rientrato ai box dopo aver collaudato la sua M1 sul bagnato invece di andare direttamente in griglia. Poi quando ha provato a riguadagnare la pista la pit-lane era già chiusa. Leggerezza imperdonabile. E partenza dai box. Lo spagnolo è un campione vero. E invece di abbattersi si butta in pista con grande cattiveria da subito. Alla prima curva è undicesimo, poi mette le ruote davanti a quelle di Valentino. I due risalgono insieme, con Valentino che non lo perde di vista. Infilano prima Melandri. Poi Capirossi, Hayden ed Elias. Fino ad arrivare al quarto ed al quinto posto. Qui un pilota normale si accontenterebbe. Invece, approfittando di un feeling sempre migliore. Rossi passa Lorenzo in staccata e chiude i conti. La davanti Stoner è un martello e arriva a margini inusuali per il Motomondiale. Peccato per la crisi di mezza stagione che per un po’ ci ha privato di un campione, che avrebbe dato altro filo da torcere a Rossi. Dopo i sussulti iniziali le posizioni si stabilizzano, con Valentino che guadagna un buon margine su Lorenzo e va all’assalto di Dovizioso e Pedrosa. Si pensa che non avrebbe bisogno di spingere così tanto, ma è il solito discorso. Senza questa mentalità da fuoriclasse non avrebbe vinto 103 gare. Un omaggio arriva dal deludente Andrea Dovizioso di quest’anno, che butta via un probabile podio assaggiando l’asfalto. A quel punto anche Valentino ragiona e si accontenta del gradino più basso del podio. E soprattutto stappa lo spumante del nono Mondiale. Pazzesco. (Fonte: Gazzetta dello Sport)

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