25.2.10

Ennesima medaglia di legno

Così no, fa ancora più male. Perché stavolta il podio azzurro - il primo della seconda settimana olimpica - sembrava davvero a un passo. Invece, a peggiorare l'avvilimento del presidente del Coni Gianni Petrucci, arriva un'altra medaglia di legno: la staffetta femminile 4x5 km si piazza soltanto quarta dietro Norvegia (oro), Germania (argento) e Finlandia (bronzo). Un buon risultato, certo. Ma il rimpianto è enorme: le azzurre, per tre quarti di gara (con Arianna Follis, Marianna Longa e Silvia Rupil), sono sempre rimaste nelle primissime posizioni, tanto da accumulare un buon vantaggio sulle rivali (Norvegia a parte). E invece, il crollo di Sabina Valbusa nell'ultima frazione ha praticamente sfilato le medaglie dal collo delle nostre fondiste: «Ho dato il 200% ma non mi sento colpevole - dice la veneta - quello che è capitato a me sarebbe potuto capitare anche alle mie compagne. Non penso di aver sbagliato nulla».

LA GARA - La gara si era messa bene, per le italiane. Molto bene. Arianna Follis, prima frazionista, era riuscita a tenere un discreto ritmo offrendo il cambio a Marianna Longa con 11 secondi di ritardo dal gruppo di testa. Distacco quasi azzerato dal quinto al decimo km. Poi il capolavoro di Silvia Rupil, capace di arrivare appaiata alla norvegese Kristin Steira e di lanciare Sabina Valbusa con 16 secondi di vantaggio su Germania e Finlandia. Ma lo strappo inarrestabile dell'immensa Marit Bjorgen (per lei terzo oro olimpico e bandiera sventolata sul traguardo) ha subito isolato l'azzurra, rimasta senza punti di riferimento sulle nevi del Parco Olimpico di Whistler. E soprattutto con poca benzina in corpo. Chilometro dopo chilometro, il vantaggio si è assottigliato inesorabilmente e la nostra 38enne delle nevi (che a Torino faceva parte del quartetto di bronzo) si è dovuta arrendere al ritorno della tedesca Claudia Nystad e della finlandese Aino-Kaisa Saarinen. L'azzurra non ha avuto nemmeno il guizzo necessario per disputare lo sprint. Solo per portarsi le mani alla faccia, dopo il traguardo: «Mi dispiace. Comunque fosse andata, sapevo che sarebbe stata la mia ultima gara». Finisce così, senza festa d'addio. (Antonucci - corriere.it)

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