28.10.09

America's Cup: vietati gli Emirati


La tempesta perfetta si abbatte su Alinghi in una giornata di sole e vento leggero. I petrodollari del Gol­fo Persico sotto la chiglia, con­tratti per 100 milioni di dollari già firmati, la 33ª Coppa Ame­rica (8-10-12 febbraio 2010) lontana solo 102 giorni. Non c’è una nuvola eppure, in un attimo, è il cataclisma: a New York, il giudice dell’Alta Corte Shirley Kornreich, chiamata a pronunciarsi sulla settima cau­sa intentata dagli sfidanti di Oracle al defender, delibera che la prossima, travagliatissi­ma, America’s Cup non potrà essere ospitata dall’Emirato arabo di Ras Al Khaimah, acco­gliendo il ricorso degli ameri­cani. Non si tratta di un proble­ma di sicurezza, come aveva sostenuto Larry Ellison («Ci portano a regatare a 100 chilo­metri dall’Iran, esponendoci al­la possibilità di attentati terro­ristici »). È una questione di re­gole: il Deed of Gift, il mam­mut vecchio 158 anni che rego­lamenta regate e bollicine, in­fatti, vieta di organizzare ma­tch race nell’emisfero nord tra novembre e maggio. A nulla valgono le rimostranze di Alin­ghi («Decisione deludente dal momento che nel 2008 la sen­tenza del giudice Cahn consen­tiva al defender di scegliere Va­lencia o un’altra qualsiasi loca­lità », è sbottato l’avvocato Ma­smejan, uno di quelli a cui Er­nesto Bertarelli versa 250 mila dollari di parcelle mensili dal 2007), che proporrà appello.

Rieccoci, dunque, im­paludati nelle sabbie mo­bili di una disputa legale che sta paralizzando la Cop­pa America da oltre due anni, Alinghi versus Oracle, cioè Ber­tarelli contro Ellison, i poten­ziali sfidanti costretti a guarda­re due miliardari che si tirano sganassoni per interposta per­sona, centinaia di velisti rima­sti disoccupati e un evento, il più antico e prestigioso dello sport, che ne uscirà con le os­sa rotte comunque vada per­ché questa vicenda non finirà presto, c’è l’appello degli sviz­zeri da decidere e un’ennesi­mo ricorso degli americani, l’ottavo, che pende a New York: Oracle chiede che la prossima edizione sia ammini­­strata da una terza parte, equa­nime e neutrale, così privando Alinghi del ruolo di «fiducia­rio » della Coppa America.

Quale futuro, ora, per la po­vera marchesa caduta in di­sgrazia? Valencia, in Spagna, sede dell’ultima Coppa, spera di approfittare del caos: le basi del 2007 sono diventate i gara­ge delle scuderie di Formula 1 ma potrebbero essere ritrasformate in fretta e il mare e il vento di quel­la fetta del Mediterraneo si adatterebbero bene ai mostri in carbonio, il catama­rano Alinghi e il trimarano Oracle, usciti dalla lucida fol­lia (e dai conti in banca) dei duellanti. Valencia è nell’emi­sfero Nord, è vero, ma anche sede gradita ad entrambi. I ma­rinai di Alinghi, troppo sotto choc per prendere qualsiasi de­cisione, ieri si sono limitati ad ammainare la randa e a saluta­re gli attoniti arabi di Ras Al Khaimah. «Li ringraziamo per l’ospitalità e ci scusiamo». Ops, ci eravamo sbagliati. (corriere.it)

27.10.09

Ecco il Giro 2010

Il 93° Giro d'Italia scatterà da Amsterdam l'8 maggio e terminerà il 30 maggio all'Arena di Verona dopo 21 tappe e 3.416,5 km complessivi. La presentazione dell'edizione 2010 è avvenuta oggi a Milano. Sarà una 'corsa rosa' per scalatori, con cinque tappe di alta montagna. Quattro le frazioni a cronometro e sette quelle adatte ai velocisti. La prima tappa italiana arriva dopo il primo giorno di riposo: la quarta frazione è una crono a squadre di 32,5 km con partenza da Savigliano ed arrivo a Cuneo.
Fra le novità di questa edizione, un lungo tratto di sterrato nella settima tappa, la Carrara-Montalcino di km 215. "Anche in Italia abbiamo una piccola Roubaix", ha commentato Angelo Zomegnan, direttore del Giro d'Italia, presentando la frazione che prevede un ultimo tratto di strade bianche di circa 10 km. Il giorno dopo, il Giro affronterà la prima tappa con arrivo in salita, la Chianciano Terme-Terminillo di 189 km.
Il traguardo dell'undicesima tappa è a L'Aquila, al termine della frazione più lunga del Giro di 256 km. La corsa rosa sale ancora nella 14a tappa, che transita sui 19 km del Monte Grappa con arrivo ad Asolo dopo 201 km, e nella 15a tappa, con arrivo sul Monte Zoncolan dopo 218 km.
Dopo il secondo giorno di riposo la carovana riparte con un'altra frazione destinata a fare selezione: la 16a tappa è una durissima crono-scalata di 12,9 km con partenza da San Virgilio di Marebbe a Plan de Corones. Fa paura anche la 19a frazione, la Brescia-Aprica di 195 km in cui i corridori affronteranno le terribili vette del Mortirolo. La cima Coppi della 93a edizione è sui 2618 metri del Passo Gavia con pendenze massime del 15%, momento-chiave della 20a tappa la Bormio-Ponte di Legno. L'ultima frazione, la 21esima, non sarà una passerella ma una insidiosa crono individuale di 15,3 km con arrivo all'interno dell'Arena di Verona.

Di seguito le tappe:

Le 21 tappe del Giro d'Italia 2010, in programma dall'8 al 30 maggio. La corsa rosa partirà da Amsterdam e si chiuderà a Verona 3416,5 km. La Cima Coppi è in vetta al Passo Gavia, a 2618 metri.

1a tappa - Sabato 8 maggio: Amsterdam-Amsterdam (Ola), cronometro individuale km 8,4
2a tappa - Domenica 9 maggio, Amsterdam-Utrecht (Ola), km 209
3a tappa - Lunedì 10 maggio, Amsterdam-Middelburg, km 209
Martedì 11 maggio - riposo/trasferimento
4a tappa - Mercoledì 12 maggio, Savigliano-Cuneo, cronometro a squadre km 32,5
5a tappa - Giovedì 13 maggio, Novara-Novi Ligure, km 168
6a tappa - Venerdì 14 maggio, Fidenza-Carrara, km 166
7a tappa - Sabato 15 maggio, Carrara-Montalcino km 215
8a tappa - Domenica 16 maggio, Chianciano Terme-Terminillo, km 189
9a tappa - Lunedì 17 maggio, Frosinone Cava Dè Tirreni, km 188
10a tappa - Martedì 18 maggio, Avellino-Bitonto, km 220
11a tappa - Mercoledì 19 maggio, Lucera-L'Aquila, km 256
12a tappa - Giovedì 20 maggio, Città Sant'Angelo-Porto Recanati, km 191
13a tappa - Venerdì 21 maggio, Porto Recanati-Cesenatico, km 222
14a tappa - Sabato 22 maggio, Ferrara-Asolo km 201
15a tappa - Domenica 23 maggio, Mestre Monte Zoncolan, km 218
24 maggio - riposo
16a tappa - Martedì 25 maggio, San Vigilio di Marebbe-Plan de Corones, cronoscalata km 12,9
17a tappa - Mercoledì 26 maggio, Brunico-Peio Terme, km 173
18a tappa - Giovedì 27 maggio, Levico Terme-Brescia km 151
19a tappa - Venerdì 28 maggio, Brescia-Aprica km 195
20a tappa - Sabato 29 maggio, Bormio-Ponte di legno km 178
21a tappa - Domenica 30 maggio, Verona-Verona cronometro individuale km 15,3

26.10.09

Vancouver 2010: iniziato il percorso della torcia



E' stata
accesa la fiaccola olimpica dei Giochi invernali di Vancouver 2010, in programma dal 12 al 28 febbraio del prossimo anno. A 113 giorni dall'inizio della manifestazione, la torcia ha cominciato ad ardere durante una cerimonia organizzata nei luoghi dell'antica Olimpia, in Grecia. Le condizioni meteo favorevoli hanno consentito di seguire il copione tradizionale: la fiaccola è stata posta all' interno di uno specchio parabolico concavo in grado di concentrare i raggi del sole. La fiamma viaggerà per i prossimi 7 giorni sul territorio ellenico. Il primo tedoforo sarà lo sciatore Vassilis Dimitradis. Il 29 ottobre la torcia verrà consegnata agli organizzatori delle Olimpiadi di Vancouver.

Il percorso canadese del fuoco olimpico comincerà il 30 ottobre a Victoria. La torcia coprirà più di 45.000 chilometri, un record nella storia a cinque cerchi. L'ingresso al Place Stadium, 'cuore' di Vancouver 2010, avverrà il 12 febbraio del prossimo anno, quando si concluderà la missione che coinvolgerà nel complesso 12.000 tedofori e che si snoderà attraverso 189 cerimonie pubbliche. Il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) lo scorso 27 marzo ha ufficializzato la cancellazione della staffetta internazionale dopo gli episodi violenti e le proteste che hanno caratterizzato il viaggio della fiaccola verso le Olimpiadi di Pechino 2008.

''La più lunga staffetta della storia creerà un'unione spirituale a livello globale, alimenterà nuove speranze e nuovi sogni legati alla partecipazione ai Giochi, in particolare tra le nuove generazioni'', dice Jacques Rogge, presidente del Cio. (adnkronos.it)

Schiavone zarina di Mosca

Due anni dopo la vittoria di Bad Gastein Francesca Schiavone ritrova il sorriso e il secondo titolo della carriera grazie al successo nella finale del torneo Wta di Mosca (un milione di montepremi sul sintetico indoor) sulla bielorussa Olga Govortsova.

Monologo francesca — La gara è durata appena 77 minuti e non ha avuto storia; la milanese ha piazzato 5 ace e servito il 60% di prime palle. Ha perso una sola volta il servizio nel corso del primo set trasformando a sua volta 6 delle 14 palle break che le ha offerto la modesta avversaria chiudendo la contesa con un severissimo 6-3 6-0. Francesca ha cercato per tutta la gara di non dare ritmo alla bielorussa, variando il più possibile, cercando la palla corta e chiudendo con irresistibili accelerazioni da fondo campo.

Cavalcata moscovita — È stata una settimana impeccabile, nella quale Francesca ha superato al primo turno la qualificata spagnola Nuria Llagostera Vives per 6-7 6-4 6-3, al secondo la romena Monica Niculescu per 6-2 7-5, nei quarti la russa Maria Kirilenko per 6-3 6-2, in semifinale l'ucraina Alona Bondarenko per 6-3 6-3, e oggi in finale la Govortsova.

Successo storico — La vittoria della milanese arriva ad una settimana di distanza dalla finale di Osaka persa contro l'australiana Samantha Stosur e rilancia le quotazioni dell'Italia nell'imminente finale di Fed Cup in programma tra due settimane a Reggio Calabria contro i favoritissimi Stati Uniti delle sorelle Williams. Il successo di Mosca è dal punto di vista del montepremi il più importante mai conquistato da una tennista italiana nella storia del tennis Open.

Prime 20 — Con la vittoria di Mosca (la seconda su 12 finali disputate), Francesca Schiavone torna tra le prime 20 del mondo, risultato che aveva centrato nelle classifiche di fine anno dal 2003 al 2006; nel 2003 aveva chiuso al numero 20, nel 2004 al numero 19, nel 2005 al numero 13 e nel 2006 al numero 15. Il suo record in classifica mondiale è rapprsentato dall'undicesimo posizione che ha raggiunto per la prima volta il 30 gennaio del 2006. Questa di Mosca è la quarta vittoria stagionale per le tenniste italiane dopo i successi della Pennetta a Palermo e Los Angeles e quello di Robertina Vinci a Barcellona. In totale le finali delle italiane nel 2009 ammontano a 10, nuovo record assoluto per il tennis italiano. (Gazzetta.it)

25.10.09

Capolavoro Rossi, è la nona sinfonia iridata

Valentino Rossi è campione del mondo. Ancora, e siamo a quota nove. E’ forte il rischio di considerare scontata o normale questa impresa. Perché ormai siamo abituati, Valentino ci ha abituati. Però, a nominarli tutti, nove titoli mondiali nello sport moderno li possono vantare pochi atleti. E allora bisogna provare a spiegare, ammesso sia possibile (essendo la nona volta), cosa c’è dietro queste magiche vittorie che appassionano milioni di tifosi italiani e altrettanti tifosi che nel mondo ce lo invidiano (perché quando senti gli stranieri parlare di lui, l’invidia la senti eccome). Valentino vince così tanto innanzitutto perché è un fantastico professionista, quasi maniacale nel voler superare i propri limiti, e questa motivazione è senz’altro la già straordinaria base di partenza. E sì che gli anni passano anche per lui. Negli ultimi tre anni abbiamo visto come due ragazzi terribili come Casey Stoner e Jorge Lorenzo i mezzi per batterlo li avessero (l’Hayden del 2006 è stato una meteora, tant’è che si ricorda di più la caduta di Vale a Valencia che non i trionfi di Nicky). Ma il pesarese è stato grande due volte: li ha battuti non solo in pista, ma anche e soprattutto perché li ha costretti a entrare in un terreno per loro inesplorato, quello del superamento dei propri limiti. Il dottore li ha costretti ad andare oltre, e sono andati in tilt. Lorenzo certamente meno di Casey. Ma quando si è trattato di portare l’assalto decisivo, quest’anno lo spagnolo ha sempre fallito. Quello che però forse colpisce di più, oltre all’immenso talento motociclistico, è come il suo spirito non invecchi mai. Vale è sempre avanti, sa sempre trovare nuovi stimoli, adora come José Mourinho (il tecnico della sua amata Inter) il “rumore dei nemici” che si fanno avanti per togliergli la corona. Valentino Rossi è un moto perpetuo, prima ancora nell’istinto che nello stare in sella. Si fa fatica a ricordarne gare banali, si ricordano quasi esclusivamente le tante vittorie o le cadute (dentro e fuori la pista). Una specie di spirito da Highlander della moto. Nessuno tra giornalisti o addetti ai lavori, un ambiente ultracompetitivo e affatto tenero, ipotizza anche solo lontanamente che ci sia la possibilità di un suo ritiro. E non sarebbe un argomento blasfemo visto che parliamo di un 30enne (in un mondo dove si comincia anche a 15 o 16 anni, se non prima) che ha conquistato qualcosa come 9 titoli iridati, 103 vittorie (104 se vince a Sepang), 57 pole (58), 82 giri veloci (83), 162 podi (163) su 225 GP (226) disputati. Anzi. Sono tutti pronti ad associare quel sorriso furbo che buca il video a nuove imprese, che si tratti di guidare una Ferrari o di far vincere una Ducati (quest’ultima cosa sarebbe un Oscar alla carriera). Lo spirito di Rossi trascina, è sempre proiettato al futuro, a prescindere da età anagrafiche e palmares. Questo è forse il vero grande segreto di Valentino, lo spirito dell’esordiente e l’esperienza del navigatissimo campione, una combinazione tremenda per chi ci ha a che fare in pista. Dice Andrea Dovizioso, suo collega in forza alla Honda: “Quello di cui si parla sempre poco è la capacità di Rossi di cambiare il proprio stile di guida e continuare a vincere lo stesso. Non ho mai visto un pilota capace di questo, è qualcosa di grande”. Valentino sa cercarsi nuove sfide, e di fronte ne ha ancora tante: il record di vittorie di Giacomo Agostini, il decimo titolo per fare cifra tonda, battere qualche altro emergente che sogna di stargli davanti, magari vincere ancora con una nuova moto. Essendo un Highlander, ha solo l’imbarazzo della scelta.
Valentino Rossi suona la nona. Sì, perchè il nono titolo iridato in carriera è suo. In Malesia basta un 3° posto, proprio davanti a Lorenzo, in una gara più complicata del previsto, perchè ingarbugliata da un monsone che si scatena appena viene aperta la corsia box e che provoca un ritardo di 40’ sulla partenza. La gara viene vinta, ma sarebbe meglio dire dominata, da Casey Stoner, che fin dal primo giro stacca tutti e vince con ampio margine su Dani Pedrosa e su Valentino. Valentino è sempre stato in controllo della situazione, nonostante l’errore alla prima curva che lo ha fatto retrocedere dal primo all’ottavo posto. Le cose si sono subito messe bene per il pesarese prima della partenza. Infatti Lorenzo è rientrato ai box dopo aver collaudato la sua M1 sul bagnato invece di andare direttamente in griglia. Poi quando ha provato a riguadagnare la pista la pit-lane era già chiusa. Leggerezza imperdonabile. E partenza dai box. Lo spagnolo è un campione vero. E invece di abbattersi si butta in pista con grande cattiveria da subito. Alla prima curva è undicesimo, poi mette le ruote davanti a quelle di Valentino. I due risalgono insieme, con Valentino che non lo perde di vista. Infilano prima Melandri. Poi Capirossi, Hayden ed Elias. Fino ad arrivare al quarto ed al quinto posto. Qui un pilota normale si accontenterebbe. Invece, approfittando di un feeling sempre migliore. Rossi passa Lorenzo in staccata e chiude i conti. La davanti Stoner è un martello e arriva a margini inusuali per il Motomondiale. Peccato per la crisi di mezza stagione che per un po’ ci ha privato di un campione, che avrebbe dato altro filo da torcere a Rossi. Dopo i sussulti iniziali le posizioni si stabilizzano, con Valentino che guadagna un buon margine su Lorenzo e va all’assalto di Dovizioso e Pedrosa. Si pensa che non avrebbe bisogno di spingere così tanto, ma è il solito discorso. Senza questa mentalità da fuoriclasse non avrebbe vinto 103 gare. Un omaggio arriva dal deludente Andrea Dovizioso di quest’anno, che butta via un probabile podio assaggiando l’asfalto. A quel punto anche Valentino ragiona e si accontenta del gradino più basso del podio. E soprattutto stappa lo spumante del nono Mondiale. Pazzesco. (Fonte: Gazzetta dello Sport)

Moelgg, Karbon, è bronzo con amararezza

In questi casi è difficile vedere il bicchiere mezzo pieno, eppure i presupposti ci sono tutti. Non a livello di risultato finale, quanto a livello stagionale. Se le ragazze sciano così è lecito sognare, soprattutto in chiave olimpica. Certo, occorreranno manche perfette, cosa che ieri è nuovamente mancata. Sia Manuela che Denise scendono impeccabilmente durante la prima discesa e chiudono provvisoriamente sui gradini più alti del podio. Nella seconda manche il caos, con l'ennesimo ripetersi di un "braccino" tipicamente italiano.
La Moelgg esce dopo pochissime porte perdendo aderenza sull'interno e rimbalzando come una molla verso la porta successiva ormai fuori traiettoria. Denise invece perde in 3/4 di pista circa 7 decimi. Fatali per lei due porte dove esce completamente bassa ed è costretta a ridisegnare le linee percorrendo molta più strada e con minor velocità. Veramente troppo. Alla fine la Karbon strappa un bronzo, ma quanta amarezza. Oggi tocca agli uomini. Finalmente il circo bianco è ripartito!
Denise Karbon sul podio del gigante di Soelden, prima prova stagionale di sci alpino, alle spalle di Kathrin Zettel e della vincitrice Tanja Poutiainen. Sfortunata Manuela Moelgg, uscita nella seconda manche dopo aver conquistato la piazza d'onore nella prima. Decima la genovese Camilla Alfieri a 1"47, protagonista di una grande prova nella seconda manche, che l'ha vista timbrare il miglior tempo parziale, rimontando 13 posizioni. Ventesima Giulia Gianesini a 2"28, 21ª la figlia di Nina Quario, Federica Brignone a 2"92. Le azzurre, insomma, aprono al meglio la stagione che culminerà in febbraio con i Giochi olimpici di Vancouver. Ma, dopo la prima manche, si era addirittura sperato in qualcosa di meglio. Denise aveva chiuso in testa con il tempo 1'11"54. Alle sue spalle, appunto, Manuela staccata di 24/100, con Poutiainen in scia. Intelligenti le discese delle due italiane che hanno badato a rischiare poco, matenendo però un tempo costante. Un risultato, quello di metà gara, che aveva riportato alla mente il successo della Karbon di due anni fa, il primo di una stagione trionfale che l'aveva vista chiudere con la Coppa di specialità, fino ad allora centrata dalla sola Compagnoni nel 1987. "Purtroppo, non ho saputo rilassarmi e far correre gli sci nella seconda manche come aveva fatto nella prima - ha detto a fine gara la Karbon -. Me ne accorgevo in pista, ma non ho saputo cambiare marcia. Ma essere sul podio resta una buona cosa. Mi dispiace per Manuela (Moelgg, ndr), ma deve lasciarsi alle spalle la delusione in fretta, perché in questo momento sta sciando davvero forte" Purtroppo finisce appena iniziata la stagione di Nicole Hosp che ha riportato la rottura dei legamenti crociati del ginocchio destro. L'austriaca - 25 anni, argento olimpico in slalom a Torino 2006 e campionessa mondiale nel gigante del 2007 - è stata operata in una clinica privata vicino a Innsbruck. Il 4 gennaio scorso aveva riportato un analogo infortunio al ginocchio sinistro. Oggi il gigante maschile, alle 9.45 la 1ª manche. Lo scorso anno vinse lo svizzero Albrecht, ancora fermo dopo il pauroso incidente di Kitzbuehel. La squadra azzurra punta soprattutto su Max Blardone, Simoncelli. In gara anche Manfred Moelgg, Schieppati, Ploner, Gufler, Heel, Innerhofer e il giovane Fantino. (Fonte: Gazzetta dello Sport)

18.10.09

Bravo Casey! Vale, ci sei.

Come sempre quando non vince non è mai del tutto soddisfatto, è proprio un problema genetico. Però c'è secondo posto e secondo posto. Quello di oggi a Phillip Island per Valentino Rossi è qualcosa di liberatorio, qualcosa che dà tanta felicità minuto dopo minuto la vista della bandiera a scacchi. Jorge Lorenzo è caduto, ricacciato indietro di altri 20 punti (oltre ai 18 che già pativa) a due sole gare dalla fine. Dopo la caduta di Indianapolis e la sberla di Estoril, qualche fantasmino sulla strada del nono titolo si era fatto vivo: Casey Stoner che torna a ruggire, lo spagnolo carico, il rischio (teorico, ma sempre concreto nelle moto) che qualcosa vada storto. Invece un venerdì e un sabato perfetti, una prima curva in cui l'avversario diretto finisce per terra, una gara corsa bene in cui solo Stoner ha avuto qualcosa di più. Non è un secondo posto come gli altri, questo, e alla fine lo stesso Valentino lo ammette: "È stato il più divertente della mia carriera - dice ai microfoni a caldo - però ci ho provato fino alla fine. Ho tentato di prendere Casey, verso metà gara aveva un po' rallentato. Poi però ha ricominciato a spingere forte. Avrei fatto fatica a superarlo. Ma va bene così, questi 20 punti per me sono fondamentali". A Sepang potrà permettersi di arrivare quarto. E per quanto visto anche oggi, col quinto classificato, Edwards, a 35", come valori in pista è proprio difficile immaginare che la festa non si tenga in Malesia, anche e soprattutto per presentarsi poi a Valencia solo per i saluti e le ulteriori celebrazioni. Meglio chiudere il discorso in Asia ed evitare di attirarsi addosso le macumbe degli spagnoli, che in casa vorrebbero vedere avverarsi un miracolo. Oggi comunque è anche bello e giusto celebrare la strepitosa vittoria di Casey Stoner. L'australiano, al terzo successo di fila sulla pista di casa, ammette che le cattive condizioni di salute sono ormai un ricordo, confermando che probabilmente il malessere è stato solo qualcosa di nervoso. Non si batte Valentino Rossi in questa maniera se non si è al top. Alla fine l'ex iridato 2007 conferma: "È stata la migliore condizione in gara da due anni a questa parte - ha detto il vincitore - sono tornato in forma e per questo voglio ringraziare il mio team per il supporto che mi ha dato e i miei sponsor per avermi permesso di scendere in pista con una livrea dedicata. In gara abbiamo sempre mantenuto un passo ragionevole. A un certo punto qualche gabbiano mi ha dato fastidio e mi ha rallentato, poi ho ripreso il mio ritmo". Jorge Lorenzo è invece il volto deluso di questo GP. Quello che non riesce a mandar giù, più del titolo probabilmente andato in fumo (ma che comunque restava difficile) , è l'errore alla prima curva: "È stato completamente un mio errore - ha detto Jorge - non me lo apsettavo da me un simile sbaglio. Ho totalmente calcolato male la distanza dalla linea, Hayden ha frenato in anticipo rispetto a quando mi immaginavo e l'ho toccato. Ho danneggiato il freno anteriore, pensavo di poter recuperare la linea e invece ho perso l'anteriore. Ho una piccola ferita al naso e al mignolo di una mano ma poteva anche andare peggio. Queste sono le corse, il titolo era comunque molto difficile. Ora vediamo che succede nelle prossime due gare". Grande protagonista di questo fine settimana australiano è anche Marco Simoncelli. Il romagnolo adesso è staccato di soli 12 punti da Aoyama. Il giapponese, solo settimo, sembra cominciare a sentire la pressione. Marco, però, fedele alla linea scaramantica decisa a Estoril, preferisce mantenere il profilo basso malgrado la comprensibile felicità: "È stata una gara difficilissima perché lo scorso anno la moto in questo circuito andava veramente bene, ma in questo weekend abbiamo fatto fatica a trovare un setting accettabile - ha detto - per fortuna non è stato solo un nostro problema. A inizio gara la gomma dietro scivolava molto, ma ho visto che riuscivo a essere veloce e ho continuato a tirare e a spingere il più possibile. Sono anche riuscito a staccare i miei inseguitori a un certo punto. Ma sono contentissimo per me e per Raffaele De Rosa che ha conquistato il suo primo podio e se lo meritava. Ora il mondiale si è riaperto ma non mi faccio illusioni, Aoyama è ancora avanti di 12 punti. Mi fa piacere comunque essere stato molto costante nella seconda parte della stagione, questo mi fa ben sperare per le ultime due gare”. (Fonte: Gazzetta dello Sport)

Button re del mondo

Vorrei scrivere qualche riga ma purtroppo non ho avuto modo di vedere il gran premio. Il fattore BB-Brawn Button domina meritatamente la stagione 2009 della Formula 1. Vince Jenson, predestinato che però non ha mai convinto.
Alla vigilia ci avrebbero scommesso in tanti. Dopo le qualifiche di ieri molti di meno. Jenson Button è il nuovo campione del mondo di Formula 1. Succede nell'albo d'oro a Lewis Hamilton e fa compagnia alla sua Brawn GP, regina dei costruttori al debutto nel circuito. Il verdetto arriva dopo una gara strana, con una partenza movimentata, che ha eliminato Alonso, Trulli, Sutil e danneggiato Raikkonen, costretto a farsi sostituire l'alettone ai box. E proprio in questa occasione si è rischiato il guaio in pit-lane: Kovalainen è ripartito col bocchettone della benzina infilato e per un secondo la F60 ha preso fuoco. Solo uno spavento. Prima di celebrare l'inglese vi diciamo che il GP del Brasile l'ha vinto, e con notevole merito, Mark Webber con la Red Bull. L'australiano, al secondo successo nel 2009 e in carriera, ha difeso il secondo posto in partenza come un leone dalle minacce del sempre valido Raikkonen (agevolato dal Kers) di questo finale di stagione e poi ha approfittato della superiorità della Red Bull per passare Barrichello al primo pit-stop e non cedere più il comando. Il suo passo di gara è il migliore e lui non ha sbagliato nulla. Dietro di lui sul podio Robert Kubica, alla miglior gara del 2008, e un Lewis Hamilton che è stato autore di una rimonta degna della sua immensa classe. l brasiliano, partito dalla pole, è il vero sconfitto di giornata. Partiva a -14 dal compagno-rivale, ma poteva contare su una pole rispetto a un mediocre 14° posto in griglia. Lui sperava di tenere aperti i giochi fino alla fine, ma ha concluso malinconicamente ottavo. Rubens è scattato bene dalla pole e fino al primo pit-stop è andato forte, ma poi la sua Brawn ha perso efficacia col passare dei giri. Il sorpasso subito da Hamilton nel finale per la terza posizione e la successiva foratura sono le due immagini di una giornata che è lo specchio di una carriera da comprimario. Ci ha provato anche Vettel, ottimo quarto alla fine, ma fare l'impresa partendo dal 16° posto non è esattamente un compito agevole. Un bravo anche a Kimi Raikkonen, che tira fuori un buon sesto posto da una macchina lontana anni luce dal livello cui ci ha sempre abituato. Ancora negativo Fisichella: mai un lampo, mai uno spunto. Il sorpasso subito da Kobayashi nel finale dice molto. E la toccata al via con Kovalainen è un'attenuante fino a un certo punto. (Fonte: Gazzetta dello Sport)

16.10.09

Le medaglie di Vancouver 2010

La forma ondulata richiama all'immagine delle montagne, dell'oceano e della neve della Colombia britannica. Il dritto è ispirato alle opere d'arte delle prime nazioni della Costa Occidentale e raffigurano l'orca e il corvo. Ogni medaglia è unica; le grandi dimensioni delle stesse dona loro una presenza significativa. Ecco i dettagli sulle medaglie Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali del 2010!

Il Comitato Organizzatore dei Giochi Olimpici e Paralimpici 2010 Giochi invernali (VANOC) e i sostenitori ufficiali di Vancouver 2010 - Royal Canadian Mint e Teck Resources Limited - hanno svelato le medaglie dei Giochi Olimpici e Paralimpici che penderanno dal collo dei medagliati d'oro olimpico, d'argento e di bronzo dei Giochi invernali del 2010.

I creatori.
in ragione del carattere unico delle medaglie dei Giochi invernali nel 2010, questo progetto creativo è durato due anni ed è stato reso possibile grazie alla collaborazione dell'artista / designer autoctoni Connie Hunt e del designer industriale di fama mondiale Omer Abel, della Royal Canadian Mint, di Teck Teck Resources Limited e del team creativo interno alla VANOC. Insieme, tutte queste persone hanno creato delle medaglie che ben riflettono l'importanza della loro rappresentazione; queste medaglie sono tra le più pesanti nella storia dei Giochi Olimpici e Paralimpici, con un peso che varia tra 500 e 576 grammi, a seconda del metallo impiegato. Le medaglie olimpiche hanno un diametro di cento millimetri ed uno spessore di circa sei millimetri, mentre le medaglie dei Giochi paralimpici hanno una larghezza di novantacinque millimetri ed uno spessore di circa sei millimetri.
L'orca ed il grande corvo.
I disegni tecnici relativi a queste medaglie sono basati su due importanti opere d'arte (una per le Olimpiadi e l'altra per le Paralimpiadi), da cui sono state selezionate le immagini da inserire nelle medaglie. Tutti i motivi scelti sono diversi, al fine di rendere unica ogni singola medaglia. Queste opere d'arte sono state create da Corrine Hunt, un artista di Vancouver, che ha origini komoyue e Tlingit. La signora Hunt ha scelto l'orca come immagine per le medaglie delle Olimpiadi ed il corvo come immagine per le medaglie dei Giochi Paralimpici.

"L'Orca è una bella creatura, è forte e vive in una comunità. Secondo me, i Giochi Olimpici sono anch'essi come una comunità. E, per quanto riguarda gli atleti, anche se si trascinano, sono comunque legati alla loro comunità, ai loro compagni di squadra o al loro Paese. Anche se l'Orca ha caratteristiche ammirevoli, non può sopravvivere senza il suo gruppo".

L'Orca, presentata in quattro pannelli in modo da richiamare le caselle di faggio curvato tradizionali delle prime Nazioni della costa occidentale, è spesso simbolo di forza, dignità e lavoro di squadra. I potenti mammiferi marini dalla pelle nera e bianca sono viaggiatori in gruppo abituati alle acque della costa Occidentale del Canada, ma si possono trovare negli oceani di tutto il mondo.

Per la signora Hunt, il grande corvo ben rappresenta gli atleti paralimpici. Le ali nere vigorose e il profilo fiero del grande corvo sono rappresentati in un'opera a tre pannelli il cui stile ricorda i pannelli totém. Il grande corvo, specie diffusa in tutto il mondo, è spesso associato al la trasformazione ed alle proprietà di guarigione, oltre a rappresentare la determinazione, la creatività e la saggezza.

"Il mio concetto per le medaglie Paralimpiche, un corvo su un palo che sale sempre più, è vicino al mio cuore ed è stato creato in onore di mio zio che è un paraplegico. Il corvo è una creatura che ha tutte queste funzionalità; penso che gli atleti paralimpici possiedano tutte queste capacità. Si lanciano in sfide che superano, come il grande corvo. Penso che la creatività del grande corvo ci doni speranza e ci permetta di accettare le sconfitte e celebrarne i successi".

Il disegno opaco dell'orca o del grande corvo è tracciato al laser sul retro delle medaglie, e da vicino, si può anche vedere il modello discreto di venature di legno aggiunte al disegno. Il progettista industriale ed architetto canadese Omer Abel, ha utilizzato la sua grande conoscenza dei materiali e dei processi di fabbricazione per creare la forma ondulata delle medaglie che si sono colpite nove volte nel corso del processo di fabbricazione di 30 tappe per ottenere lo stile "distinc". Le medaglie olimpiche sono rotonde mentre le medaglie paralympiques hanno tendenze ellittiche ed una forma di cerchio quadrato.
Sul rovescio della medaglia, vi è il nome ufficiale dei giochi pubblicati in inglese e francese, le due lingue ufficiali del Canada e del Movimento Olimpico, oltre agli emblemi di Vancouver 2010 e il nome dello sport e della prova per la quale è riconosciuta la medaglia. Sulle medaglie paralimpiche, per di più, le scritte del nome dello sport e della prova sono scritte anche con il metodo Braille. La medaglia è completamente protetta contro appannamento e graffi. La Royal Canadian Mint fabbricherà, nella sua sede centrale in Ontario, le 615 medaglie olimpiche e le 399 medaglie paralimpiche dei Giochi d'inverno del 2010. Il compito storico di battitura delle medaglie è cominciato nel luglio 2009 e la fine è prevista per il prossimo mese din novembre. È la seconda volta che la Royal Canadian Mini fabbrica medaglie olimpiche poiché l'impresa è stata responsabile della creazione delle medaglie dei giochi olimpici del 1976 a Montreal. Teck Resources Limited, impresa di Vancouver di metalli diversi, fornirà 2,05 kg d'oro, 1.950 kg di argento e 903 kg di rame, che verranno utilizzati per la produzione delle medaglie olimpiche e paralimpiche. I metalli sono estratti degli sfruttamenti di teck, in particolare nella Colombia britannica, in Ontario, a Terre-Neuve-et-Labrador, come pure in Alaska, in Cile e in Perù. Medaglie che ispirano. La parola atleta è derivata da una parola greca che significa “ricercatore di prezzo„. Uno sguardo sulle medaglie dei più recenti giochi mostra che i prezzi rimessi agli atleti sono molto cambiati dai giochi della Grecia vecchia, ad Olimpia, dove il solo prezzo era una corona fatta di strati d'ulivo. Speriamo che queste medaglie saranno divise con figli, famiglie e con gli spettatori del mondo intero. Si tratta di un importante simbolo che si richiama alle realizzazioni di tutta una vita, è il sogno diventato realtà. Veronica Brennero, argento canadese nelle gare di salto nel 2002: “Ciò che c'è di bene con la medaglia è che ricorda a tutti quest'avventura. Dietro ogni medaglia ed ogni atleta si nasconde una storia unica che racconta gli sforzi ed i passi compiuti da questa persona. Si dovrebbero dividere le medaglie; altre persone hanno contribuito a questa vittoria. So che è una medaglia individuale, decretata per una prova individuale, ma quando ero sul podio io pensavano a tutti eccetto me. „ (vancouver2010.com - tradotto da a.b.)

13.10.09

Dramma Vanderbroucke

È finita tragicamente, nella camera di un hotel del Senegal, la storia di Frank Vandenbroucke, ciclista belga ritenuto l’erede del grande Eddy Merckx, caduto poi nell’inferno della droga e più volte sull’orlo del suicidio.
A 34 anni, la stessa età di Marco Pantani, Vandenbroucke è stato trovato morto, lunedì pomeriggio, in una stanza de "La Maison blue", a Saly, una stazione balneare del paese africano, dove il ciclista avrebbe dovuto ricaricare le pile per riprendere in mano la sua vita. A suo dire sarebbe stato sul punto di firmare con la Fuji-Servetto. La settimana scorsa aveva annunciato di voler ricominciare l’attività agonistica e aveva chiesto ad Aldo Sassi, allenatore del campione del mondo Cadel Evans, di rimetterlo in forma. Ma il James Dean del ciclismo, come lo chiamano i commentatori in Belgio, non ce l’ha fatta.
Arrivato in Senegal domenica pomeriggio ha cenato con Fabio Polazzi, un giovane ciclista di 24 anni, in vacanza con lui. Poi ha lasciato l’amico per accompagnarsi con una ragazza del luogo. Da quel momento, Fabio non rivedrà più Frank e saprà della sua fine dai poliziotti che il giorno dopo hanno bussato alla porta del suo albergo, a 3 km da quello dove è stato trovato il cadavere di Vandenbroucke. «Mi hanno chiesto di riconoscere i vestiti di Frank, ma non mi hanno fatto vedere il corpo», ha raccontato Polazzi alla tv belga Rtbf. La ragazza con cui Vandenbroucke ha passato le ultime ore della sua vita, nella notte, ha chiesto al personale dell’hotel uno straccio, dicendo che il suo compagno aveva vomitato. Ha poi raccontato che il ciclista era ubriaco, si è sentito male ed è svenuto. Ma sulle cause, e l’ora del decesso, resta ancora il mistero. Nell’attesa dell’autopsia fissata per domani o giovedì, in Belgio, i media sostengono che la morte sarebbe stata provocata da embolia polmonare.
Radio 1, emittente in lingua fiamminga, ha riferito anche che, sul comodino della camera, ci sarebbero stati tranquillanti e insulina, ma nessuna conferma è arrivata sul particolare. La fine di di Vandenbroucke, vincitore della Parigi-Bruxelles a 21 anni e della Liegi-Bastogne-Liegi a 24, ha sconvolto il mondo del ciclismo anche per le tante analogie con il Pirata. «Due anni fa, quando ha tentato il suicidio, la gente si è convinta: finirà come Pantani - ha detto il suo ex direttore sportivo della Cofidis, Alain Deloeil -. Ma speravamo che non ci si arrivasse. Negli ultimi tempi sembrava stare meglio». «Forse - ha lamentato il padre, Jean-Jacques, un passato da professionista - sarebbe stato meglio se diventava professionista un pò più tardi. Ma non era nello sport che aveva problemi, bensì nella sua vita privata, è lì che si è fatto molto male». (Fonte: La Stampa di Torino)

Maier appende gli sci

La favola del muratore diventato campione, anzi no, campionissimo. Ha sfiorato la leggenda degli annali del circo bianco ma di diritto è entrato nella leggenda umana e sportiva. Herminator nasce dal nulla (muratore) e con una passione, arriva sul tetto dello sci alpino mondiale poi il dramma, l'incidente in moto e la risalita, lunga e difficile. Ancora vittorie, ancora medaglie fino agli ultimi allenamenti di poche settimane fa. Un fuoriclasse che darà molto allo sci alpino austriaco e allo sport olimpico invernale.
Il campione di sci austriaco Hermann Maier ha annunciato oggi a Vienna il ritiro. Maier, 36 anni, due volte campione olimpionico e tre campione mondiale, è lo sciatore austriaco di maggiore successo di tutti i tempi. In una conferenza stampa alla Hofburg a Vienna, Maier ha annunciato oggi la fine della sua carriera, mettendo così l' ultima parola a mesi di congetture sul suo futuro agonistico. Ho preso una decisione dopo una matura riflessione, ma anche in modo spontaneo», ha annunciato il campione visibilmente emozionato. «Ho deciso di mettere la parola fine e di chiudere con oggi la mia carriera di sciatore». Nel 1998 Maier aveva avuto un gravissimo incidente alle Olimpiadi di Nagano, riuscendo però lo stesso a vincere l'oro in due categorie. Fra i suoi successi più significativi, Maier mette il suo sensazionale ritorno nel 2001, un anno e mezzo dopo un grave incidente di moto in cui rischiò di perdere una gamba.(corriere.it)

12.10.09

Ciao Alberto

Ci sono persone che non conosci e che mai conoscerai. Persone che avverti dal loro sguardo, dalla profondità delle movenze e dalla loro voce. Le senti, le tocchi anche se lontane, fittizie. Spesso ti legano inspiegabilmente a loro, ne resti affascinato e stringi un legame d'affetto indiretto. Alberto Castagnetti per me era tutto ciò. Un uomo buono ed un immenso professionista. Il movimento natatorio azzurro perde il suo emblema sotto il profilo umano, carismatico e professionale. Ciao Alberto.
È morto Alberto Castagnetti, commissario tecnico della Nazionale italiana di nuoto: l'8 settembre era stato sottoposto ad un intervento chirurgico al cuore, programmato da tempo. Alberto Castagnetti era nato a Verona il 3 febbraio 1943. Da atleta - stileliberista e staffettista di buon livello - partecipa ai Giochi Olimpici di Monaco 1972 e ai Mondiali di Belgrado 1973, conquista numerosi titoli italiani con le staffette e si piazza secondo nei 100 stile libero ai Campionati Assoluti di Napoli nel 1969. Nei Giochi del Mediterraneo del 1971 a Smirne partecipa all'argento dell'Italia nella 4x100 sl. Commissario tecnico della Nazionale Italiana di Nuoto ininterrottamente dal 1987, ha allenato nel passato campioni del calibro di Giorgio Lamberti, Roberto Gleria, Marcello Guarducci e Domenico Fioravanti. Grazie alla sua conduzione l'Italia del Nuoto ha arricchito il medagliere olimpico con 4 ori, 2 argenti e 7 bronzi, diventando così una delle più rilevanti potenze mondiali. Nel quadriennio che ha portato alle Olimpiadi di Pechino è cresciuta la striscia di risultati importanti sotto la sua direzione tecnica: dal primo storico oro olimpico al femminile di Federica Pellegrini nei 200 sl al doppio titolo mondiale di Filippo Magnini nei 100 sl; dai record mondiali della Pellegrini nei 200 sl e 400 sl, al primo oro europeo donne a Budapest 2006 nei 400 misti di Alessia Filippi, che stabilisce anche il record europeo nei 1500 sl: dalle 60 medaglie internazionali (4 alle Olimpiadi, 5 ai Mondiali, 10 ai Mondiali in vasca corta, 21 agli Europei e 20 agli Europei in vasca corta) di Massimiliano Rosolino al prestigioso primato continentale della 4x200 sl 'rosà. Il post-Giochi Olimpici 2008 è ripartito con ancora grandi soddisfazioni per Castagnetti, il ct più vincente del nuoto italiano. Il 2009, l'anno del Mondiale di Roma, prosegue con i successi di Federica Pellegrini (oro nei 200 e nei 400 sl) e Alessia Filippi (bronzo negli 800). L'8 settembre scorso Castagnetti si era sottoposto ad un intervento chirurgico al cuore. Per stargli vicino Federica Pellegrini aveva rinunciato al suo viaggio negli Stati Uniti programmato da tempo. "Sono scioccata, è una notizia che mi lascia sconvolta". Questo il primo commento della campionessa olimpica Federica Pellegrini, che ha appreso della morte del commissario tecnico del nuoto azzurro e suo allenatore Alberto Castagnetti mentre era in compagnia del fidanzato Luca Marin. "La notizia - ha detto, molto emozionata, la Pellegrini - si è rincorsa come un tam tam e in questo momento non trovo le parole". Castagnetti è morto nella sua abitazione ad Albizzano, una frazione di Negrar (Verona). Profondo cordoglio e dolore anche allo Sport Interclub di Albizzano, una sorta di seconda casa per il ct, dove tornava sempre dopo i successi ottenuti dal nuoto azzurro e ogni volta era accolto in modo trionfale. "Sono choccato, incredulo, fatico a trovare le parole. In questo drammatico momento il mio primo pensiero è rivolto alla famiglia, alla quale a nome dello sport italiano porgo le più sentite condoglianze". È il primo commento del presidente del Coni Gianni Petrucci, appresa la notizia della morte del ct azzurro di nuoto Alberto Castagnetti. "Poi non è un mistero che Castagnetti era una persona che stimavo come uomo e come tecnico. Non sono io a dover ricordare i suoi successi e le medaglie che ha regalato allo sport italiano, che sono sotto gli occhi di tutti. Oggi abbiamo perso un campione al quale tutti dobbiamo riconoscenza per le emozioni che ci ha regalato. Addio Alberto, ci mancherai". "Mi mancherà non tanto il tecnico quanto l'uomo. Castagnetti era una persona con la quale era piacevole conversare di tanti argomenti, non soltanto di sport". Lo ha dichiarato il segretario generale del Coni Raffaele Pagnozzi: "È stato un genio da Commissario Tecnico - sottolinea Pagnozzi - e ci ha fatto gioire come nessun altro nella storia del nuoto. Avevamo tanti progetti per il futuro, tante idee da sviluppare. Con la sua improvvisa scomparsa, Alberto lascia un vuoto incolmabile nel Coni, nella Federazione, nei suoi atleti. E noi che gli abbiamo voluto bene ci sentiamo tutti più soli". (Fonte: La Gazzetta dello Sport)

Massa di nuovo in pista

Felipe Massa è tornato in pista. Intorno alle 10.45 il pilota brasiliano, assistito dal personale del Dipartimento F1 clienti Ferrari, ha compiuto un giro di installazione a Fiorano a bordo di una F2007 privata, poi è rientrato ai box per poi uscire di nuovo e compiere una prima serie di tornate sul circuito del Cavallino. Il pilota era fermo dall'incidente che lo mise fuori dal Mondiale nel Gran Premio d'Ungheria. Il suo rientro alle corse è previsto per l'inizio della stagione 2010. (gazzetta.it)
Massa è costretto a frenare: le visite a cui è stato sottoposto venerdì e sabato a Parigi non sono quelle ufficiali che la Federazione internazionale richiede per autorizzare il rientro in pista di un pilota dopo un incidente grave. Si è trattato di «esami medici informali - precisa la Ferrari in un comunicato - definiti piuttosto positivi, ma non tali da consigliare lo svolgimento della pratica agonistica nei prossimi due mesi».
Crolla così l’ultima speranza di rivedere in pista il brasiliano ad Abu Dhabi, nel gran premio conclusivo della stagione 2009. Il percorso di recupero dall’incidente del 25 luglio in Ungheria è ancora lungo. Questa mattina nel circuito di Fiorano, Massa girerà al volante di una F2007 (la monoposto campione del mondo due anni fa usata anche per il test di Michael Schumacher in agosto) con le gomme Bridgestone della Gp2. «Non si guarderà al cronometro - dicono a Maranello -. Questo è semplicemente un modo per consentire a Felipe di riprendere contatto con il suo ambiente naturale: la pista».
Di ritorno alle gare si parlerà nel 2010: soltanto allora saranno svolti ufficialmente i controlli medici previsti dalla Fia per certificare l’idoneità del pilota. «I test veri e propri saranno il prossimo anno - conclude il comunicato Ferrari - quando, insieme ad Alonso, Felipe inizierà il lavoro di sviluppo della nuova macchina». Massa partirà comunque al seguito della squadra per il Gp di San Paolo in programma domenica. (stampa.it)

11.10.09

Si vola in Sudafrica!

Eccoci qui. Clamorosamente qui, con una pioggia di medaglie azzurre che non siamo riusciti a raccontare. Tra stoccate di fioretto, spada e schiacciate delle nostre pallavoliste campionesse d'Europa. Lo sport italiano continua a correre e segna un'epoca: è meravigliosamente sempre più rosa. Qualche sussulto però arriva anche da quell'azzurro in senso stretto che esula per un attimo dai nostri tipici colori di rappresentanza. In questo la nazionale di Marcello Lippi ha conquistato l'obiettivo minimo richiesto: volare in Sudafrica e difendere il titolo mondiale di Berlino 2006. Il pareggio con un'Irlanda del sempre amato Giovanni Trapattoni ci regala quella serenità che il tecnico viareggino dovrà sfruttare soprattutto per ritrovare il gioco dei tempi migliori. Si vola in Sudafrica e che almeno questa volta, azzurro sia.
Missione compiuta. L’Italia pareggia 2-2 in Irlanda grazie al gol di Gilardino al 90’ e si qualifica per il Sud Africa. Dove nel 2010 difenderà il titolo mondiale. E allora, forse, poco importa se a Dublino ha sofferto un’Irlanda coraggiosa, spinta dal ruggito degli 80.000 del Croke Park. Perchè - come risultati - ora tutto si azzera. Qualche amichevole, magari di lusso, servirà per provare a darle più sicurezze. Lippi avrà tempo per qualche ritocco, magari qualche inserimento nel gruppo, poi conterà molto in quale condizione psicofisica gli azzurri si presenteranno in Africa. Però la partita di Dublino non ha fatto neanche intravedere il bel gioco mostrato contro la Bulgaria, nè la personalità da grande squadra. Il primo tempo è stato sottotono, salvato dal gol di Camoranesi, che ha risposto a Whelan. Poi una ripresa più convinta, ma non ancora convincente. Solo un gol di Gilardino al 90’ ci ha evitato di doverci aggrappare al salvagente Cipro, dopo che St. Ledger aveva segnato nel finale. Trapattoni, pur beffato, può consolarsi. Perchè l’Italia finisce prima nel girone 8 delle qualificazioni mondiali, ma Irlanda è seconda, e va ai playoff, grazie alla sconfitta della Bulgaria con Cipro. E poi il Trap doppia il pari (a Bari fu 1-1) dell’andata: con una squadra di qualità inferiore ha preso due punti agli azzurri. I verdi del Trap partono a mille all’ora. Gasati dall’atmosfera incandescente del Croke Park e incoraggiati dalle titubanze di un’Italia timida. Che sembra più una debuttante in società che la squadra campione del mondo. E così l’Irlanda domina i primi 20’. Pressa alta, fisica, sportivamente cattiva. Utilizza le fasce, con McGeady scatenato a sinistra, e in mezzo trova un Whelan che recupera palloni come il raccattapalle più tonico. Il gol arriva inevitabile, spontanea conseguenza di quello che si vede. E favorito da una "dormita" della difesa azzurra, che non prendeva rete da tre partite. Il vantaggio dei padroni di casa scaturisce da una punizione, una specie di corner corto battuto dalla destra: palla fuori area per Whelan, che, indisturbato, ha il tempo per prendere la mira e trafiggere con un destro incrociato Buffon, coperto dalla tonnara a centroarea. Poi all’Italia vengono i 5 minuti. Si arrabbia, smette di farsi prendere a sberle, e reagisce. Al 25’ arriva la prima conclusione in porta azzurra: un bel tiro al volo di Grosso, troppo centrale per impensierire Given. E’ la sveglia. Passa un minuto e Camoranesi pareggia, di testa, su angolo calciato da sinistra da Pirlo. Italia cinica, e 1-1. L’Irlanda non si demoralizza, e continua a spingere. L’Italia invece torna a soffrire, ammalata di paure misteriose. Ma al di là di tante mischie non concede poi molto. Gli irlandesi fanno la partita, attaccano generosi, e le folate immaginate alla vigilia si susseguono: ma sottoporta i verdi pasticciano, e Chiellini spesso ci mette una pezza con il suo strapotere atletico, che spicca ancor di più poiché gli irlandesi la buttano sui muscoli. All’intervallo è 1-1. In avvio di ripresa l’Italia segna subito. Chiellini, di testa trova la porta, ma la rete è invalidata dal fuorigioco di Iaquinta, che tocca dentro davanti a Given. Ma l’Italia cresce. Ed era ora. Sfrutta l’inevitabile stanchezza dei verdi, e comincia a sfruttare le qualità dinamiche di Iaquinta, che galoppa negli spazi, dando profondità agli uomini di Lippi. Ora la partita è equilibrata: l’Irlanda non ha nulla da perdere, e insiste caricando a testa bassa, ma l’Italia ora riparte più convinta. Il finale è clamoroso. St. Ledger segna di testa a una manciata di minuti dalla fine. Lo stadio diventa una bolgia e sembra crollare sopra gli azzurri. Che però dimostrano orgoglio e carattere. Una volta di più. E un pizzico di fortuna, che non guasta. Perchè allo scadere Gilardino, entrato per Di Natale, trova la zampata sottoporta che vale il 2-2 finale. Che vale il viaggio in Sud Africa. (Fonte: La Gazzetta dello Sport)

4.10.09

Vettel domina a Suzuka



Il pilota tedesco della Red Bull
Sebastian Vettel ha vinto il Gran Premio del Giappone. Lo ha fatto dominando dal primo all'ultimo giro, forse riaprendo i giochi per il titolo Mondiale anche se Button mantiene ancora un vantaggio rassicurante su Rubens Barrichello (+14) e sullo stesso Vettel (+16), quando mancano solo due gare dal termine: in Brasile ci sarà da divertirsi...Seconda la Toyota di Jarno Trulli davanti alla McLaren di Lewis Hamilton. Quarta la Ferrari di Kimi Raikkonen. Quinta posizione per la Williams di Nico Rosberg davanti alla Bmw di Nick Heidfeld. Settima la Brawn Gp di Rubens Barrichello che ha preceduto il leader del Mondiale e compagno di scuderia, Jenson Button. Chiude al dodicesimo posto l'altra Ferrari di Giancarlo Fisichella, mentre è decima la Renault di Fernando Alonso. Quattordicesima la Force India dell'altro italiano Vitantonio Liuzzi.

LA GARA - Avvio regolare: Vettel, che partiva dalla pole, ha tenuto la prima posizione, seguito dal campione del mondo della McLaren Lewis Hamilton, autore di una bella partenza che gli ha permesso di passare l'italiano della Toyota, Jarno Trulli, terzo. In quinta posizione Raikkonen, in dodicesima Fisichella. Per quasi tutto il GP le posizioni rimangono quelle stabilite dalla griglia di partenza: qualche palpitazione si ha soltanto verso la fine del Gp, con un cambio gomme decisamente lungo (ben 12,4 secondi) per il leader della gara Vettel, che ad ogni modo riesce a rimanere in testa. E proprio ai pit-stop Jarno Trulli riesce a sopravanzare il campione del mondo Hamilton grazie ad una migliore strategia e alla prontezza dei suoi meccanici. Altre emozioni sempre in uscita dal box le regalano la Ferrari di Giancarlo Fisichella e la McLaren di Kovalainen, i due arrivano quasi a toccarsi e alla fine prevale il finlandese. L'ultimo brivido arriva al 46esimo giro, quando la Toro Rosso di Jaime Alguersuari va fuori traiettoria schiantandosi contro le protezioni. La safety-car entra in pista a 9 giri dal termine a causa dello spettacolare incidente del pilota spagnolo che non ha riportato danni. Uscito dall'abitacolo da solo, Alguersuari è stato tuttavia portato via in ambulanza. Cinque giri ancora in fila indiana dietro alla safety-car prima delle ultime schermaglie: le posizioni rimangono inalterate nonostante in distacchi siano stati neutralizzati.

CLASSIFICA COSTRUTTORI, BRAWN IRRAGGIUNGIBILE - Se il titolo piloti resta ancora in discussione, quello costruttori è praticamente già assegnato: alla Brawn GP, difatti, basta soltanto mezzo punto per chiudere la pratica. Anzi, se Nico Rosberg (Williams) venisse penalizzato per essere rientrato ai box troppo presto in regime di safery car in occasione dell'incidente occorso ad Alguersuari, la Brawn GP sarebbe matematicamente campione e gIà da oggi potrebbe dare il via ai festeggiamenti. (eurosport.it)

3.10.09

Olimpiadi 2020: inizia la corsa Venezia - Roma

Roma 2020, se po’ ffa’. La decisione presa ieri a Copenaghen dai delegati del Cio di assegnare i Giochi Olimpici 2016 a Rio de Janeiro e non a Madrid, che glieli ha contesi fino all’ultimo, apre le porte a una possibile candidatura di Roma all’edizione successiva. Una doppietta europea (Londra 2012-Madrid 2016) avrebbe infatti reso improbabile, per i criteri geopolitici che governano queste assegnazioni, una terza Olimpiade nel vecchio continente. Così, invece, nulla osta. Canta «forza Brasile» per primo il sindaco Gianni Alemanno, che sposa subito l’idea del presidente del Coni: «Credo che Petrucci abbia fatto bene a manifestare un interesse per l’Italia e credo che Roma debba avanzare la propria candidatura per i Giochi del 2020. Dopo più di mezzo secolo dalle fantastica edizione del 1960 possiamo sognare di portare gli anelli olimpici nella capitale d’Italia». D’accordo con lui anche il presidente della Regione Piero Marrazzo: «Sono certo che un lavoro in comune possa rendere questa, una candidatura molto forte e vincente». Il rischio però è ora quello di un derby fratricida. Malgrado l’appello di Alemanno («chiedo a tutto il Paese di compattarsi attorno alla scelta di Roma, città naturalmente olimpica») si è già fatta avanti anche Venezia, per voce del sindaco Massimo Cacciari. E così rischia di riproporsi quella sfida Roma-Veneto che proprio ieri nel rugby ha visto vincere i secondi: Treviso è infatti stata preferita a Roma per la seconda franchigia italiana alla prossima Celtic League, che per la prima volta vedrà impegnate anche sue squadre del nostro Paese. Uno schiaffo che è stato maldigerito nella capitale, al punto che il delegato allo Sport del Campidoglio, Alessandro Cochi, è giunto a ipotizzare di «ridiscutere la destinazione dello Stadio Flaminio quale casa del rugby». Sarà una vendetta a cinque cerchi per la Città eterna? (Giornale.it) L'idea di una candidatura di Venezia e dell'area metropolitana del Nord Est ad ospitare le Olimpiadi del 2020 è stata annunciata con una dichiarazione all'Ansa dal sindaco Massimo Cacciari, dal governatore del Veneto Giancarlo Galan, dal vicepresidente e assessore al Turismo regionale Franco Manzato e dal presidente di Confindustria Veneto Andrea Tomat. «Venezia è una città-icona unica nel mondo e gode di una riconoscibilità universale. Le Olimpiadi sono il più grande evento internazionale e promuovere ed organizzare i Giochi nel 2020 permetterebbe alla città e all'intera area metropolitana oggi rappresentata dal triangolo Venezia, Padova e Treviso di accelerare i numerosi progetti di riqualificazione e rilancio, che da anni riempiono l'agenda delle Istituzioni di questo territorio», ha dichiarato Cacciari, appena appreso della vittoria di Rio de Janeiro alla riunione del Cio a Copenaghen. La sconfitta in finale di Madrid, unica candidata europea per il 2016, sancisce così la possibilità concreta del ritorno dei Giochi estivi in Europa. Ancora il sindaco di Venezia: «Avremmo poco meno di 4 anni di lavoro per tentare di riportare in Italia le Olimpiadi a 60 anni da Roma 1960. Ritengo che possa essere opportuno valutare nel dettaglio con attenzione - insieme a Regione, Amministrazioni locali e operatori economici - la fattibilità infrastrutturale, la copertura finanziaria e gli aspetti organizzativi di un evento di tale portata». La concorrenza di Roma. Ma anche la capitale sta pensando ai Giochi. La candidatura veneta rischia di avere in casa il nemico o uno dei nemici più difficili da battere. Gianni Alemanno, sindaco di Roma, ha già fatto sapere quale sia il proprio orientamento: «La scelta di Rio de Janeiro come sede delle Olimpiadi del 2016 apre una grande possibilità per l'Italia e per Roma, per la successiva edizione del 2020. Credo che il presidente Petrucci abbia fatto bene a manifestare un interesse per l'Italia e credo che Roma debba avanzare la propria candidatura per i Giochi del 2020». «Dopo più di mezzo secolo dalle fantastica edizione del 1960 possiamo sognare di portare gli anelli olimpici nella capitale d'Italia», ha aggiunto Alemanno. L'appoggio del governatore In ogni caso, su Venezia 2020 il Veneto pare compatto fin dall'inizio. «Il Nord Est è il motore economico del Paese e un laboratorio di innovazione socio-culturale, oltre che la Regione che più ha contribuito al medagliere olimpico italiano nelle ultime edizioni dei Giochi, a conferma del grande patrimonio sportivo della nostra terra», dice il presidente del Veneto Giancarlo Galan, che aggiunge: «Venezia 2020 potrebbe rappresentare un progetto strategico per lo sviluppo infrastrutturale dell’intera regione, che potrebbe cogliere una grande occasione per esprimere e presentare al mondo intero il grande potenziale delle sue eccellenze in ogni campo». A Galan fa eco Franco Manzato, vice presidente e assessore al Turismo del Veneto: «L’ipotesi di candidare Venezia e con lei il Nord Est ad ospitare i Giochi Estivi nel 2020 costituisce un’irripetibile opportunità di marketing territoriale e di promozione della nostra articolata e insuperabile offerta turistica». Imprenditori pronti «Gli imprenditori veneti hanno da tempo messo l’accento sull’esigenza di rilanciare gli investimenti e i progetti infrastrutturali per garantire la competitività delle imprese del territorio e facilitare l’uscita dalla crisi attuale», dichiara Andrea Tomat, presidente di Confindustria Veneto. «Le nostre imprese si rendono conto che la sfida dei Giochi Olimpici a Venezia nel 2020 potrebbe fungere da catalizzatore di una serie di processi virtuosi in campo economico e di ripresa stessa di fiducia da parte dei consumatori, come insegnano le esperienze olimpiche pregresse. Ecco perché Confindustria Veneto appoggia l’iniziativa di avviare una seria analisi sulla candidatura». Il Gruppo di Lavoro Venezia2020 avrà sede negli uffici della Regione, a Mestre, e sarà coordinato da Federico Fantini, direttore del Master in Strategie per il Business dello Sport - organizzato dal Gruppo Benetton, in collaborazione con università Ca' Foscari Venezia. Venezia2020 inizierà a lavorare nei prossimi giorni con l’obiettivo di avviare la raccolta di dati e una serie di analisi per verificare la fattibilità concreta di una candidatura ufficiale di Venezia, partendo da un approccio «intelligente, innovativo e contemporaneamente compatto, ma distribuito» allo sviluppo della piattaforma impiantistica richiesta dall’evento, puntando ad una legacy sostenibile nel tempo, sia sotto il profilo ambientale che quello economico-finanziario. La decisione finale dovrebbe essere comunicata entro il 2010 al Coni, che ha la responsabilità istituzionale di presentare al Cio l’eventuale città italiana candidata e che sembra essere fortemente intenzionato a promuovere un progetto italiano per riportare la Torcia Olimpica nel nostro Paese nel 2020, come indicato anche dagli orientamenti espressi dal Governo in varie sedi ufficiali negli ultimi mesi. (corriere.it)

Il Cio a passo di Samba

Tutto secondo copione. Il Cio a passo di Samba elegge Rio de Janeiro capitale dello sport mondiale per il 2016. L'accoppiata Lula-Pelè sbaraglia la misurata coppia Obama prima ed il lottatore Zapatero poi. Il Cio sceglie finalmente l'America Latina, in particolar modo il Brasile che nel 2014 ospiterà anche i campionati mondiali di calcio. La votazione ha pochi sussulti se non la sorpresa Chicago. La più americana delle città statunitensi viene subito eliminata, Tokyo, la città più meritevole per impiantistica ed organizzazione cade poco dopo. Si va alla conta finale. Rogge parla di voto mai così pulito grazie alle misure di controllo adottate dal Cio sui vari delegati.
Non c'è alcun filo di lana. La pur meritevole Madrid non regge la passione ma soprattutto la voglia olimpica di un intero continente. Il movimento olimpico vola verso l'America Latina.
Lula e Pelè trionfano con Rio per l’Olimpiade del 2016, mentre l’Obamanoia ha travolto come un’ondata in piena, un vero tsunami sul lago su cui s’affaccia Chicago, e ha inghiottito subito tutte le sue illusioni. Non era prevedibile l’uscita di scena al primo turno, anche se con Rio era la candidatura più fragile in teoria al primo ballottaggio, perché pescavano nello stesso lago di voti. Obama non ha ricevuto uno schiaffo, ma una cannonata. Una bocciatura senza appello, terribile. La sua presentazione era stata un poco sofferta, dopo la notte insonne. Il giallo oro del vestito di Michelle non ha abbagliato, anche se all’uscita dei coniugi tutti li hanno salutati con calore. Quanti di loro, quelli della prima fila, sapevano che Chicago era già un caro estinto sulla strada dei sogni olimpici? Tutti i membri seduti sul primo banco hanno stretto calorosamente le loro mani e qualcuno ha anche baciato la First Lady. Erano almeno 20, più dei voti ottenuti al primo turno dalla proposta statunitense. Poi altri si sono trattenuti con Barack per una ventina di minuti all’uscita dalla sala. Avevano tutti la lingua biforcuta? No, forse alcuni di loro hanno fatto come il torero che corteggia il toro, prima di infilzarlo senza pietà. Poi la signora Obama è partita subito con il marito e questo potrebbe avere creato ancora qualche altro malumore. Molti erano già incazzati neri, passateci il termine, perché ieri per il passaggio scortato della First Lady erano stati costretti ad aspettare 40 minuti, bloccati come cittadini comuni. Poi l’arrivo di Barack la mattina, li aveva costretti ad una levataccia, alle 5.30- 6.00 per la colazione e poi il trasferimento al Bella Center alle 7 del mattino. Inoltre si era presentata anche l’abbondante Oparah a fare arricciare i nervi alle signore e ai membri di un certo peso, che non sopportano l’invadenza degli ospiti nel loro mondo. I vincitori sono due: Rio e Juan Antonio Samaranch, che ha pilotato Madrid nella finale. Aveva chiesto pubblicamente un regalo per la fine della carriera e l’ha ottenuto. Madrid è uscita a testa alta. Lula, il ruvido, ha battuto il soffice Obama 5 a 0. Il risultato non fa una grinza, se analizziamo con calma le cose. Rio un anno fa era allo sbando, poi ha ingaggiato anche l’ex responsabile del marketing dei Cio Michael Payne, che ha anche un piede nella Formula 1, e Mike Lee, un esperto in pubbliche relazioni, ricostruendo così la squadra. C’è stata più disciplina e hanno costruito grazie ad alcuni dirigenti davvero abili di ricucire ogni smagliatura. Adesso avranno il problema di convivere con i Mondiali di calcio del 2014, ma quando si hanno i Giochi poi si trova una soluzione. Lula può andare fiero della sua squadra e il suo intervento è stato fondamentale. Il Brasile adesso è diventato il Paese dello sport totale. L’Asia, per un poco, starà a bagnomaria con grandi manifestazioni di livello argento, non oro. Questi i risultati delle tre votazioni di giornata. Primo turno: Madrid 28, Rio 26, Tokyo 20, Chicago 18. Secondo turno: Rio 46, Madrid 29, Tokyo 22. Voto finale: Rio 66, Madrid 32. (Fonte: Gazzetta dello Sport)

2.10.09

Rio batte Madrid 66 a 32

E' Rio de Janeiro la città che ospiterà i Giochi Olimpici del 2016. Dopo Londra 2012, le Olimpiadi volano in Sud America. Lo annuncia il presidente del CIO Jacques Rogge a Copenhagen al termine di una lunga cerimonia. Rio, nonostante la candidatura di Chicago e il sostegno di Barack Obama, era da lungo tempo la favorita, per questioni di rotazione territoriale: era infatti improbabile, nonostante il ballottaggio finale fosse con Madrid, che la manifestazione restasse per due edizioni consecutive in Europa. Il Brasile così può festeggiare la sua "prima volta" e le lacrime di Pelé all'annuncio sono la testimoninaza di quanto fosse importante per il popolo verdeoro un'opportunità simile. Infatti, guardando i voti, si è trattato di un plebiscito: 66-32 nella votazione finale. Rio ha raccolto i voti di chi voleva che le Olimpiadi si disputassero in America: nella prima votazione era infatti in vantaggio Madrid 28-26, ma Rio de Janeiro ha compiuto un enorme passo avanti nella seconda passando a condurre 46-29. La delegazione brasiliana, sull'onda della gioia di Pelé, ha festeggiato in sala a Copenhagen cantando "Cidade Maravilhosa", canzone che è un po' l'inno di tutti i carnevali e dei relativi balli. O' Rei, che aveva intonato il canto, si è messo poi a dirigere il coro, cui si è ovviamente unito anche il presidente Lula. Doccia gelata per gli Stati Uniti: Chicago è la prima città a essere eliminata, con soli 18 voti, dal ballottaggio finale a quattro insieme a Madrid, Rio de Janeiro e Tokyo. L'appoggio di Barack Obama e sua moglie Michelle in persona quindi non è bastata a portare nuovamente i Giochi Olimpici negli Stati Uniti, nonostante il discorso accorato del presidente statunitense alla commissione elettrice. Dai maxischermi in collegamento si vede subito che la città dell'Illinois incassa male il colpo: sulla folla in attesa cala il gelo e la festa si spegne. Anche i media prendono male l'esito negativo della candidatura di Chicago: dopo pochi minuti dalla notizia l'emittente Fox, il network più conservatore d'America, passa all'attacco, accusando, com'era ampiamente prevedibile, il presidente Barack Obama di aver fatto male a volare a Copenaghen per sostenere la sua città d'adozione. Anche esponenti di spicco dell'opposizione repubblicana avevano criticato la visita lampo a Copenhagen, accusando Obama di "comportarsi più da sindaco di Chicago che da presidente degli Stati Uniti", trascurando così i tanti problemi che affliggono gli Usa. L'esclusione di Chicago rappresenta comunque un duro colpo al prestigio politico del presidente, alle prese con sondaggi in calo e con forti proteste di piazza per la sua riforma sanitaria che stenta a passare al Capitol Hill. Michael Jordan, leggenda del basket, uomo del Dream Team e colonna dei Chicago Bulls che nei giorni scorsi era stato infaustamente confuso da Pelé con Michael Jackson, è incredulo alla notizia: "Non posso crederci, onestamente. Sapevamo che ce la giocavamo con altre ottime candidature ma non posso credere che siamo usciti al primo voto. Hanno fatto tutto il possibile ma non ce l'abbiamo fatta. E' un peccato, Chicago è un posto stupendo dove fare sport, c'era tutto, dalla strutture al grande clima sportivo della gente. Mi dispiace per tutte quelle persone che speravano nelle Olimpiadi per poter tornare al lavoro". Il primo commento ufficiale dalla Casa Bianca, invece, tende a smorzare i toni, definendo comunque una delusione l'esclusione della città a Stelle e Strisce, ma questo incidente di percorso non è da considerare come un ripudio di presidente e first lady da parte del CIO. "Il presidente Barack Obama e la first lady Michelle hanno fatto un vigoroso tentativo a favore di Chicago, non abbiamo rimpianti - ha detto David Axelrod, consigliere di Obama - Valeva la pena di fare questo tentativo anche se il risultato finale e stato deludente". Axelrod ha detto che "Chicago era un forte candidato. Ma la scelta è stata ovviamente influenzata da una abbondanza di manovre politiche tra i votanti". La seconda a essere esclusa è Tokyo, ma i giapponesi accolgono la notizia in maniera molto più tranquilla, anche perché la loro attesa era più composta rispetto a quella degli statunitensi. La capitale nipponica nella seconda tornata ottiene 20 voti, perdendone due rispetto alla votazione precedente. (Fonte: Eurosport.it)